Nel New Jersey una bambina, arrabbiata perché il fornetto con il quale giocava era disponibile solo in rosa e viola e non anche in altre tinte come il fratellino avrebbe preferito, ha scatenato un movimento che ha portato l’azienda produttrice, il colosso Hasbro, a realizzare il giocattolo della discordia anche in altri colori. Il tema degli stereotipi di genere nei giocattoli, ma soprattutto nei libri per bambini e ragazzi, è caro a Francesca Ferruzzi, bibliotecaria a Marina di Ravenna. Le abbiamo chiesto un parere.
Francesca, i luoghi comuni legati all’essere maschio piuttosto che femmina stanno piano piano diminuendo?
“L’anno scorso ho ripreso una ricerca che un ente di Torino aveva pubblicato nel 2003 proprio sugli stereotipi sessisti negli albi illustrati. Volevo vedere se era cambiato qualcosa, nel frattempo. Ho preso un campione a caso di libri delle biblioteche del territorio di Ravenna e ho usato gli stessi criteri di Torino, aggiungendo delle mie osservazioni. La risposta è che gli stereotipi sono ancora ben presenti, purtroppo”.
Come sono ritratti donne e uomini nei libri che abitualmente leggiamo ai nostri figli?
“Le donne compaiono spesso con il grembiule ma senza occhiali, simbolo di intelligenza. Gli uomini, quando fanno i padri, sono in genere ritratti in situazioni piacevoli. Sono sempre le mamme a sgridare i bambini, a dire di non fare questo e non fare quello. I papà si divertono, si svagano”.
I lettori sono consapevoli di tutto questo?
“Quasi mai, a meno che non si abbiano le antenne dritte, è difficile accorgersene di cose che sono come scontate, acquisite. Ma qualcosa si muove: proprio ieri un’utente mi faceva notare che nel cartone “Il libro della giungla” la bambina che compare alla fine, al fiume, canticchia una canzone nella quale dice che da grande vorrà avere una casa, un marito, una figlia, cucinare, andare a prendere l’acqua. Qualcuno inizia ad accorgersene”.
C’è qualche libro recente che si ‘salva’?
“Sì, di esempi positivi ce ne sono eccome. Basta citare ‘Papà non riesco a dormire’ di Michael Foreman, ‘Cosa fanno le bambine’ di Nikolaus Heidelbach, ‘L’ippocampo un papà speciale’ di Eric Carle, Supermamma di Editoriale Scienza”.
Qual è il tuo invito ai genitori?
“State attenti. Anche io, nella mia tesi di laurea, cercai di usare un linguaggio sessuato, proprio per evitare il cosiddetto neutro maschile di uso corrente. Questi temi mi sono cari. Non mi vergogno a dire di essere una femminista, che non vuol dire né odiare gli uomini, né tantomeno esaltare in maniera incondizionata le donne. Vuol dire fare attenzione a quegli elementi radicati nella cultura che impediscono il vero raggiungimento di un’eguale dignità tra uomo e donna”.
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