Non sono stati maltrattamenti ma è stato un gesto di violenza privata, sebbene conseguenza di un modello educativo rigido e discutibile. Sono le motivazioni che il gup Letizio Magliaro ha scritto nella sentenza di condanna a otto mesi di reclusione con pena sospesa nei confronti della 39enne del Bangladesh che a marzo, a Bologna, ha rasato la figlia 14enne perché non voleva mettere il velo.
Come riporta oggi Il Corriere della Sera, il giudice scrive che “le richieste di uno stile di vita in sintonia con il ruolo attribuito alla ragazza dal contesto culturale di riferimento appaiono inserite in un sistema educativo assai discutibile, che sicuramente potrebbe trovare fondate critiche sotto il profilo pedagogico o dello sviluppo psicologico e personale della minore. Ma la critica non può equivalere ad attribuire a tale modello lo stigma del reato di maltrattamenti”.
La ragazzina in un tema a scuola aveva scrito, in riferimento alla madre: “Mi sgrida perché mi sveglio tardi, perché mi vesto nel modo che non vuole lei. Alcune volte vado in cantina a piangere”. Ma mentre per la Procura, in quella famiglia, c’erano oppressione e violenza, per il Tribunale non è esattamente così. I genitori della ragazzina (il padre è anche stato assolto), insomma, non sono dei mostri.
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