«I miei figli a scuola non sono mai andati, ecco come pratichiamo l’unschooling»

Alla domanda «che classe fanno i tuoi figli?», Elena Piffero risponde sempre al condizionale: «Farebbero la prima, la terza e la quinta elementare». I suoi bambini, infatti, a parte qualche periodo di asilo, alla scuola dell’obbligo non sono ma stati: «Una scelta educativa? No, una vera scelta di vita che abbiamo iniziato a maturare quando vivevamo in Inghilterra, dove di unschooling si sa molto più che in Italia». Residenti dal 2017 nelle campagne del Modenese, Elena e la sua famiglia mettono in pratica ogni giorno un modello di auto-apprendimento che molti pensano non sia concesso dalle normative: «L’istruzione è obbligatoria, certo. Ma andare a scuola no».

Elena racconta la sua esperienza nel libro pubblicato da Terra Nuova Edizione «Io imparo da solo! L’apprendimento spontaneo e la filosofia dell’unschooling», la cui idea è nata anche per colmare il vuoto di letteratura sul tema: «Dal lockdown in poi si è iniziato a parlare di più di homeschooling e scuola parentale, anche perché diverse famiglie vi si sono rifugiate, non senza il rischio di fare scelte dettate dal desiderio di fuga e non da una reale convinzione su un modello alternativo da implementare. Quando si decide di stare fuori e non contro, come abbiamo fatto noi, serve grandissima responsabilità».

La scelta di Elena e del compagno (che lavorativamente si gestiscono con due part-time), parte da un’iniezione di fiducia nella capacità di apprendimento spontaneo dei suoi figli: «Se lasciati liberi di esprimersi, di incuriosirsi e ricercare, i bambini sviluppano apprendimenti più efficaci. Non è sempre necessario sedersi a un tavolo e fare lezione. Noi adulti siamo lì per supportare, rispondere e dare accesso alle risorse che i bambini richiedono. Ma l’input parte sempre dai nostri figli».

D’altro canto, per i grandi, è difficile svincolarsi del tutto dal modello scolastico tradizionale: «C’è, a volte, la tentazione di pensare che i bambini non sanno ancora le frazioni, quando invece a scuola le avrebbero già affrontate. In quel caso bisogna prendere fiato, togliersi di dosso l’ansia e osservarli nel quotidiano, quando sbucciano un’arancia o capiscono che un ottavo della torta che è in forno è meno di un quarto».

Tra i tanti aneddoti raccolti in questi anni c’è quello della primogenita, completamente disinteressata a lettere tattili e materiali simili quando era ora di imparare a leggere e scrivere. Ma che poi, un bel giorno, ha iniziato a farlo da sola. O il giorno in cui Elena stava spazzando il marciapiede e ha notato quelle che sembravano palline di cotone: «I miei figli mi hanno immediatamente fermata. Sapevano che erano i boli delle civette. Avevano letto in un libro che quando i rapaci mangiano le prede intere, poi vomitano quello che non digeriscono. Allora abbiamo messo i boli a bagno nel disinfettante e loro si sono molto divertiti a separare le ossa dei topolini e a cercare di capire quali animali gli uccelli avessero mangiato». 

Quando le chiedono, invece, come arriva a sera ogni giorno con tre bambini a casa (la quarta è in arrivo), Elena ha la risposta pronta: «Anche gli amici si stupiscono di quanto i nostri figli siano autonomi e non stiano sempre a chiederci di essere intrattenuti. Forse chi va a scuola è abituato diversamente, in ogni momento c’è qualcuno che fa loro una proposta e quindi, davanti al tempo vuoto, sono meno capaci di annoiarsi e auto-organizzarsi. Questo non significa fare classifiche o confronti: non abbiamo chiusure verso la scuola, se più avanti i bambini vorranno rientrare in un percorso tradizionale potranno farlo. Anche nel nostro quotidiano, abbiamo scelto comunque di mantenere un contatto con l’istituzione scolastica, i bambini hanno i libri che avrebbero in classe e ci riferiamo a grandi linee, alle indicazioni nazionali per il curricolo».

Guardando alla nascita della sua bambina in arrivo, Elena ci vede già occasioni enormi di crescita per i tre fratelli: «Dopo un primo assestamento, sarà comunque una scuola di vita affrontare il cambiamento, adattarsi a nuove abitudini e nuovi ritmi. Varrà per tutti, anche per i bambini». 

 

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