La bambina morì dopo aver contratto la malaria in ospedale. La vicenda di Sofia Zago, 4 anni, commosse e indignò tutta l’Italia. Era settembre del 2017 e la piccola contrasse la terribile malattia nel reparto dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Adesso la procura cittadina ha chiesto l’archiviazione del fascicolo aperto sull’episodio e che vedeva come indagata un’infermiera in servizio nel reparto in cui avvenne il contagio.
Il motivo della decisione presa dopo mesi di indagini, perizie e accertamenti è che non c’è l’assoluta certezza che il contagio sia avvenuto con una siringa (o altro simile strumento) contaminata maneggiata dall’infermiera, come si era pensato in un primo momento. Il sangue infetto in ogni caso è quello di una bambina africana ricoverata per malaria assieme alla sorella.
Come potrebbe allora essere venuto in contatto con quello di Sofia che era in ospedale per curare il diabete? Gli investigatori hanno accertato che una delle piccole malate di malaria soffriva di frequenti episodi di epistassi (perdita di sangue dal naso, cioè ) mentre le mani della piccola Sofia erano piene di ferite per le punture subite per verificare il livello di glicemia. Il contagio dunque sarebbe potuto avvenire senza l’intervento dell’infermiera o di altre persone. Adesso il giudice dovrà decidere se accogliere la richiesta del pm o proseguire con l’attività penale.
Resta un dubbio: ma è normale che un ospedale permetta a delle persone malate di malaria di avere contatti con altri pazienti? Nessuno deve pagare per questa superficialità?
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