Giuseppina La Delfa: “Quando, se eri lesbica, non potevi sognare un figlio”

“Io ti amo”, le disse il 16 maggio del 1982 Raphaelle, che oggi è sua moglie. “Peccato però che non avremo mai figli”, le rispose Giuseppina. Sono passati trentasei anni. Raphaelle e Giuseppina non si sono mai lasciate da allora. E di figli ne hanno due: Lisa di quindici anni e Andrea di sei. Di recente la Cassazione ha riconosciuto che la loro è una famiglia a tutti gli effetti anche per lo Stato italiano.

“Peccato che non avremo mai figli”, oltre all’amara obiezione di un amore appena nato, è anche il libro pubblicato da Aut Aut Edizioni che Giuseppina La Delfa, dal 2005 al 2015 presidente dell’associazione Famiglie Arcobaleno, presenterà mercoledì 27 giugno alle 18,30 alla libreria Igor di Bologna (via Santa Croce 10/ABC).

Un libro durante il quale la storia delle protagoniste non procede solo per cambiamenti lavorativi, traslochi e trasferimenti dalla Francia in Italia (fino a quello definitivo ad Avellino, dove le due mamme vivono tutt’oggi) ma anche per grandi passi di consapevolezza: quella di desiderare dei bambini e di sentirsi in grado, esattamente al pari di un aspirante genitore eterosessuale, di poterlo e saperlo fare.

“Ho sempre saputo di volere diventare madre – spiega Giuseppina -. Quando da piccola immaginavo quella che sarebbe stata la mia famiglia, i bambini non mancavano. Era naturale, per me, progettarne. Quando ho capito di essere lesbica, però, è come se nella mia testa avessi rinunciato a questa possibilità. Non è facile individuare le responsabilità: di certo c’era l’ombra dell’omofobia interiorizzata, di certo all’epoca l’argomento era tabù, di certo a casa mia di sesso non si parlava, figuriamoci di omosessualità e poi di omogenitorialità”.

Anche Raphaelle, il sogno di maternità, l’aveva bene in mente: “Lei, essendo figlia unica, addirittura pensava in grande, a una famiglia con moltissimi bambini. Ma forse più di me ha sempre temuto l’impatto sociale, il rapporto con il pregiudizio. Io, invece, sono arrivata prima alla convinzione di poter affrontare tutte le battaglie che avrei trovato davanti a me, senza paura”.

Giuseppina La Delfa

Il contrasto tra la rinuncia alla genitorialità e la decisione, invece, di diventare mamme è stato sanato nel tempo anche da alcuni grandi cambiamenti socio-culturali: “Mentre vivi le trasformazioni, difficilmente ti rendi conto della loro portata dirompente e rivoluzionaria – racconta La Delfa – ma quando ti guardi indietro, ti accorgi che il mondo, in pochi anni, è davvero cambiato. Penso al potere che ha avuto Internet nel consentire a noi omosessuali di fare rete e di darci una forza collettiva prima impensabile. Penso alla legge francese sui Pacs e alla sua energia propulsiva nel far prendere alle persone consapevolezza dei propri diritti. Ma penso anche al discorso pubblico sulla responsabilità genitoriale e all’avvento della procreazione medicalmente assistita. Fattori che ci hanno consentito di essere dove siamo ora”. 

A metterci lo zampino, però, sono stati anche alcuni elementi personali: “Io e mia moglie insegniamo all’Università di Salerno. Questo ci ha sempre messe in una posizione di prestigio, rendendoci inattaccabili. Essendo straniere, poi, è facile guardarci come fossimo un po’ strane. Io credo che siamo state brave, in ogni caso, a mostrarci, a non nasconderci, a raccontarci. La trasparenza è sempre stato un principio cardine di Famiglie Arcobaleno: chi si rende visibile, superando forti ostacoli iniziali, arricchisce la propria vita”.

Al sud, contro ogni luogo comune, Giuseppina e Raphaelle hanno trovato grande accoglienza: “Spezzo una lancia a favore del Meridione – conclude l’autrice -. Qui il senso della famiglia è ancora qualcosa di straordinario. E se da un lato ti può ingabbiare, dall’altro ti protegge. In tutto questo la donna, quindi la madre, non smette di essere il porto sicuro nel quale potersi riparare. Noi non abbiamo mai subito episodi di omofobia. E quando penso a come sarebbe stato realizzare il nostro sogno di famiglia in Francia, voglio credere che doveva andare così, che doveva succedere in Italia. Dove siamo fiere di avere portato alcuni principi: il laicismo e l’idea che nessuna discriminazione sia possibile e accettabile, per le famiglie come la nostra. E soprattutto per i nostri figli”.

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