Nel filmato la bambina non si vede proprio mentre riceve l’ostia della prima comunione. Quella che i teologi chiamano transustanziazione e in nome della quale cattolici e chiese riformate si sono scannati per secoli. Ma dal momento che non siamo più ai tempi della Guerra dei 30 anni, stavolta il bagno di sangue è stato solo economico: il fotografo che avrebbe dovuto svolgere il servizio è stato severamente punito dal giudice di pace che, come spiegano i media locali, lo ha condannato a pagare circa 7500 euro di risarcimento danni ai genitori della bambina e alla parrocchia.
La singolare vicenda si è svolta a Torre Annunziata, popolosa (e molto religiosa) frazione dell’hinterland di Napoli. La bambina, dice la sentenza, da quando si è accorta che nel filmato della sua prima comunione manca il momento cruciale è caduta in uno “stato depressivo”. Piange di disperazione in preda “all’ansia e allo stress”. Per non parlare del dramma che ha vissuto la famiglia: il giudice di pace ha ritenuto che a queste persone “molto cattoliche”, è stata negata “la grande gioia del ricordo” di un momento fondamentale nella vita di un fedele. E allora ha presentato un conto salatissimo al fotografo (la cui tariffa del servizio era di 70 euro) al quale è imputata anche la malafede, dato che egli stesso per primo si era reso conto della propria negligenza e ha cercato di camuffarla malamente addossando le responsabilità al prete. Semplicemente il professionista e il suo assistente avevano “saltato la ripresa” e non c’era modo di rimediare. A meno di non mettersi d’accordo con il sacerdote e con la bambina e fare ripetere la scena, giusto per l’album dei ricordi: è una soluzione che, ad esempio, la Rai adottò negli anni ’70 quando una corsa ciclistica si concluse in anticipo rispetto al previsto. Allora al vincitore fu chiesto di ripetere l’arrivo solitario ma si sta parlando di sport e non di tragedie spirituali.
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