Vai a fidarti della tecnologia. Una app, utilizzata per la contraccezione da 500mila donne solo in Europa, è finita sotto inchiesta in Svezia dopo che sono stati segnalati 37 casi di gravidanze indesiderate.

L’applicazione, certificata come dispositivo medico (la prima di questo genere nel Vecchio continente), si chiama Natural Cycles, è stata lanciata sul mercato nel 2014 e si basa su un algoritmo che analizza il ciclo mestruale in relazione alla misurazione quotidiana della temperatura corporea: ogni mattina la donna deve ricordarsi di prendere il termometro, pazientare qualche minuto e di inserire i dati nello smartphone (proprio per questo non è consigliata a chi, come avverte l’azienda stessa, “ha uno stile di vita irregolare”).

A quel punto sul telefonino appare una sorta di semaforo: se si accende la luce rossa significa che la donna è nel periodo fertile, se invece lampeggia quella verde si possono avere rapporti sessuali non protetti perché non vi sono possibilità di rimanere incinta. In teoria: nella pratica, come si è visto, evidentemente qualche falla nel sistema c’è.

L’Agenzia nazionale svedese per la sicurezza dei farmaci ha quindi aperto un’indagine in seguito alla denuncia dell’ospedale Södersjukhuset di Stoccolma: è emerso che 37 delle 668 donne che negli ultimi mesi avevano chiesto di abortire nella struttura svedese avevano fatto uso della app. Dal canto suo l’azienda afferma che Natural Cycles è efficace al 93%, in linea, si sostiene, con i principali metodi contraccettivi. Il vantaggio rispetto alla pillola (che comunque è più efficace), assicurano gli artefici del nuovo sistema, è che non ci sono effetti collaterali indesiderati. La semplice conta dei giorni, senza alcun ausilio tecnologico, invece ha un’efficacia pari al 76%. Sempre l’azienda ha reso noto che gli ‘incidenti’ sono un puro fattore statistico: “con l’aumentare della base di utenti, aumenta anche il numero di gravidanze non pianificate”. E allora: c’è da fidarsi?