Conciliazione al maschile. L’attore Caldironi: “Per mia figlia più di una rinuncia”

Cristiano Caldironi (al centro) ai tempi di Zelig
Cristiano Caldironi (al centro) ai tempi di Zelig

“Essere padre ti dà una botta di vita, ti costringe a diventare uomo in fretta e furia. Anche per questo nella mia quotidianità, a differenza che sul palco, sono serissimo, razionale e preciso”. Cristiano Caldironi, 38 anni, direttore artistico del Circolo degli Attori che ha sede a Milano, Roma e Ravenna (e fondatore insieme a Deda Fiorini e Ivano Marescotti del TAM – Teatro accademia Marescotti)  – da molti conosciuto come il maresciallo di Scuola di polizia e il dottor Larry dello spettacolo “Grosso guaio a Stunt City” di Mirabilandia – ammette anche di vivere il grande conflitto della conciliazione lavoro-famiglia. Tempo fa gli è capitato di dire no a un ingaggio per “Peter Pan”: per interpretare il personaggio di Spugna, infatti, si sarebbe dovuto allontanare dalla moglie e dalla figlia per tre mesi. “Avrei pure guadagnato molto a ogni replica – racconta – ma dopo un goccio di Chianti, ho detto no. Lavorare a Ravenna, la mia città, non è comunque semplice: a volte sembra di andare contro un muro e rimbalzare indietro”.

Del resto quello del teatro è un mondo di sacrifici: “Alla mia bambina di tre anni Ime, che in estone significa miracolo, non consiglierei mai di seguire le mie orme. La gavetta è lunga, anche se frequenti l’accademia Galante Garrone come ho fatto io, per i primi quindici anni fai fatica a lavorare se non trovi gli agganci giusti. Temo che lei, però, abbia preso da me: inscena spettacoli in casa, aspetta l’applauso, fa l’inchino. Per quanto io ami il teatro, spero che si iscriva a Medicina o Architettura”.
Cristiano CaldironiIn fondo Caldironi è anche attratto dalla scienza: “Per un po’ ho studiato Scienze infermieristiche all’Università. Poi, iscritto per gioco da un amico, mi sono ritrovato nel casting per le Tutine di Zelig. E mi hanno preso. Stare davanti a milioni di spettatori infilato in una tuta di lycra blu non è facile. Ma è stata un’esperienza lo stesso: paragono il teatro a una moglie bella e affascinante, il cinema a un amante bella e affascinante, la tv a una puttana bella e affascinante”.
Anche per questo l’attore ravennate ha scelto la via della formazione: “Tra Circolo degli attori e Tam abbiamo 105 iscritti dai 16 ai 90 anni. Ci sono persone che provengono dai mestieri più diversi, disposte ad aprirsi e mettersi in gioco: il teatro ti mette a nudo a livello emotivo. Anni fa, rappresentando il pittore Ligabue, tirai fuori un urlo che non sembrava provenire da me: in quel momento capii che il teatro sarebbe diventato una droga“.
Il dottor Larry di "Grosso guaio a Stunt City"
Il dottor Larry di “Grosso guaio a Stunt City”

E nella sua scuola, Caldironi insegna proprio questo: “A non recitare o comunque a correggere la cattiva recitazione. Quando interpreti un personaggio devi entrarci dentro, soffrire e gioire, amare e odiare. Adesso mi sto preparando per ‘Zorro’, scritto da Margaret Mazzantini, dove farò la parte di un barbone. Mi farò crescere la barba e mi sentirò per un buon periodo quella persona lì, assumendone sembianze e modi di fare”.

Forse Caldironi lo aveva capito a nove anni, quando nella sua casa di via D’Azeglio organizzò uno spettacolo di magia con tanto di inviti ai vicini: “Nonostante il gran numero di foglietti infilati nelle buchette, vennero in tre. Io ero il prestigiatore Christopher. Ancora non sapevo che, per arrivare dove sono arrivato, avrei dovuto fare così tanta gavetta. E che mi sarei spesso trovato davanti a improvvisi cambi di rotta, come quando, dopo la morte di mia madre, pensai per un po’ di mettere la testa a posto, andando a lavorare alla Marcegaglia e poi come rappresentante di penne. Accorgendomi ben presto che il teatro sarebbe stato la mia strada”.

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