Dopo il cancro al seno e con la mastectomia meglio orgogliosamente piatte che con la protesi. Molte donne la pensano così e negli Stati Uniti è nato un movimento che si chiama “Go flat”. Espressione che si potrebbe tradurre con “diventare piatte”. “Non è il seno che ci rende donne” è lo slogan di queste coraggiose signore che oltre che con il tumore si trovano a combattere anche contro i luoghi comuni della femminilità, i chirurghi estetici e gli psicologi.
Dopo un trauma del genere un po’ tutti consigliano la ricostruzione, che comunque è lunga e non semplice, affinché le donne si sentano “di nuovo complete” ma aumentano le donne che rifiutano. Come ha raccontato la 45enne Debbie Bowers al New York Times, quando dopo l’intervento i dottori le hanno comunicato che l’assicurazione avrebbe pagato per la ricostruzione e che avrebbe potuto anche “crescere di una taglia”, lei non si è certo esaltata. “Avere qualcosa di estraneo nel mio corpo dopo un cancro era l’ultima cosa che volevo” ha chiarito. Una posizione antitetica a quella delle associazioni di donne che per anni hanno lottato per ottenere la copertura assicurativa sulle protesi mammarie. Solo lo scorso anno gli interventi di ricostruzione sono stati oltre 106mila con un incremento del 35% rispetto al 2000.
Un’altra donna, Paulette Leaphart, 50 anni, in estate ha camminato dal Missouri a Washington in topless. Esibendo il suo seno piatto per veicolare il messaggio dell’associazione. Dopo aver guardato le foto di seni ricostruiti, Charlie Scheel, 48 anni, ha deciso per il no: “Ero inorridita. Mancano i capezzoli e ci sono cicatrici ovunque”. E poi c’è Marianne DuQuette Cuozzo, 51 anni, che ha avuto quattro infezioni in cinque mesi prima di decidere di rimuovere le protesi: “Nessun medico mi ha mai detto che c’era la possibilità di rimanere senza seno. La chirurgia veniva data come scelta obbligata”.
Si moltiplicano così le iniziative a favore del seno piatto dopo la mastectomia: la fotografa Isis Charise ha creato un sito, The Grace Project, dove ritrae queste donne che di loro stesse dicono: “Non siamo sopravvissute, siamo combattenti”. Un altro sito analogo è The breast and the sea a cura di Rebecca Pine, un’altra che al posto delle protesi, come molte altre che hanno scelto il seno piatto, ha preferito farsi fare alcuni tatuaggi.
Qui l’articolo del New York Times in lingua originale e le immagini.
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