Foto Argnani
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“La vedevo tutte le mattine a scuola, sono sconvolta”. S.R. è una mamma come lo era Giulia Ballestri, la 40enne trovata morta nella villa abbandonata di famiglia vicino ai Giardini Pubblici di Ravenna, uccisa secondo i primi sospetti dal marito Matteo Cagnoni, noto dermatologo. “Una ragazza bellissima, gentile”, come ci hanno riferito le persone che la conoscevano, mamma di tre figli di sei, nove e undici anni: due maschi, i più piccoli, e una femmina, la maggiore. Il più piccolo aveva compiuto gli anni giovedì 15 settembre.

Giulia faceva la mamma a tempo pieno. “La ricordo in classe con me i primi due anni del liceo scientifico, sono senza parole”, ci ha detto un ex compagno di classe. “Una persona educata, gentile”, ce l’hanno descritta altre persone. “Incrociavo spesso anche suo marito – ci ha riferito un’altra mamma – ed è incredibile pensare come dietro a persone insospettabili, apparentemente come tutte le altre, si nascondano storie così agghiaccianti”. Giulia, oltre ai bambini, lascia anche i genitori Franco e Rossana e il fratello Guido.

Cagnoni, 51 anni, è stato bloccato questa mattina nella villa di famiglia a Firenze. I tre figli erano con lui e, al momento del fermo, stavano dormendo. Gli elementi probatori sono stati definiti “sostanziosi” dal sostituto procuratore Cristina D’Aniello: ad esempio, a possedere le chiavi della villa dove è stato ritrovato il corpo, villa trovata chiusa a chiave e con l’allarme inserito, erano solo il dermatologo e la moglie. La morte dovrebbe risalire a circa tre giorni fa. Settantadue ore prima del ritrovamento.

Foto Facebook
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Nella biografia sul suo sito web Cagnoni dice di essersi “sempre sentito un predestinato” per via del nonno e dello zio chirurghi. E’ stato inevitabile così l’approdo alla facoltà di Medicina dalla quale esce nel 1992 con il massimo dei voti. Seguono esperienze non certo alla portata di tutti: “E’ a Londra che mi è stato possibile conoscere la dermatologia e approfondire numerosi aspetti assorbendo una cultura assolutamente fuori dall’ordinario – si legge ancora sul sito -. Ho quindi conseguito la specializzazione in dermatologia con il massimo dei voti presso l’Istituto di scienze Dermatologiche dell’Università di Siena. Successivamente sono divenuto membro della New York Academy of Sciences ed ho insegnato alla scuola di specializzazione in nefrologia dell’Università di Firenze come professore a Contratto dal 1996 al 2006″.

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Una carriera accademica prestigiosa alla quale viene affiancata l’attività professionale privata con uno studio in centro a Ravenna e uno a Firenze: è tra i primi in Italia a dare impulso alla branca della dermatologia estetica: “Questa disciplina, nata in sordina e da molti inizialmente sottostimata, trova oggi una sua collocazione ben precisa”, chiarisce Cagnoni, autore non solo di importanti pubblicazioni scientifiche ma anche di libri come “Se la pelle parlasse”. E poi: è dispensatore di consigli sul web e su riviste divulgative, ospite di Gigi Marzullo in Rai ma anche dei più esclusivi circoli e club cittadini che letteralmente se lo contendono. Una personalità molto brillante sulla quale fino ad ora c’era una sola macchia: il coinvolgimento nel 2011 in una storia di tangenti nella sanità. Le indagini successivamente hanno appurato che Cagnoni era stato tirato in ballo ingiustamente: lui con quella vicenda non c’entrava proprio niente.

Ma che cosa potrebbe avere spinto un uomo colto, intelligente, di buona famiglia, ricco, padre di tre bambini, una bella casa nel quartiere San Rocco (più altre residenze familiari), a cui non è mai mancato niente a commettere il delitto, (ammesso che le accuse vengano poi provate, naturalmente)? Secondo le prime indiscrezioni raccolte, si tratterebbe di un delitto passionale: la gelosia sarebbe il movente dell’omicidio. I due si stavano separando e lei pareva intenzionata a chiedere il divorzio mentre il marito non riusciva ad accettare la fine del rapporto e sospettava che ci fossero altri uomini. Se questa teoria dovesse essere confermata, si avrebbe un’ulteriore dimostrazione che la violenza contro le donne non appartiene a nessuna classe sociale in particolare. Non è né dei poveri né dei potenti, né di ‘destra’ né di sinistra: è un problema di mentalità e di cultura. Da cambiare, e anche alla svelta.