Un video tutorial della nutrizionista su come si prepara un buon piatto a base di legumi o verdure. Dall’altra parte, l’invio di una mail con cui il bambino le dimostra di avere preparato e poi mangiato una pietanza finalmente sana. C’è molto di social nel progetto Batman – Bambini a tavola che la dietista e farmacista faentina Annamaria Acquaviva, grazie all’Istituto oncologico romagnolo, ha realizzato per alcuni mesi, a partire dall’aprile scorso, con trenta bambini sovrappeso o obesi provenienti per lo più da Ravenna, Bologna, Faenza.
I bambini, “reclutati” dai rispettivi pediatri e tutti in età compresa tra tre e dieci anni, sono stati visitati gratuitamente dalla dietista e poi invitati a partecipare a un gioco virtuale e non a suon di video, contest di ricette e assaggi. Un modo per avvicinarsi agli strumenti a loro più idonei conducendoli a un cambiamento dello stile di vita. Cambiamento che, secondo Acquaviva, non si verifica se l’intera famiglia non se ne fa portatrice: “I bambini italiani sono quelli che meno aderiscono alla dieta mediterranea. Secondo i dati dell’osservatorio nazionale Okkio alla salute, il 20,9% di loro è sovrappeso, il 9,8% è obeso. Sono dati allarmanti che cozzano contro le tante campagne e il tanto parlare sull’argomento. Da qui, mi sono chiesta per quali motivi i genitori, nonostante siano ferratissimi sulla teoria, alla fine non mettano in pratica quello che sanno”.
Lo si scoprirà nei prossimi mesi, quando i dati di Batman, che vuole essere uno studio scientifico (ha anche il patrocinio dell’Associazione nazionale dietisti), saranno elaborati e poi diffusi: “Il nostro progetto – continua Acquaviva – è stato accompagnato da una campagna di sensibilizzazione sul web per promuovere la salute e prevenire sovrappeso ed obesità nei bambini. La cosa che più ci preme è verificare se il modo di mangiare, nelle famiglie che hanno partecipato, è cambiato oppure no”.
Acquaviva, qualche idea sulla “resistenza” dei genitori al cambiamento, ce l’ha già: “Alcuni sottovalutano i problemi di sovrappeso dei bambini o non ne hanno piena consapevolezza. Altri tendono a rimandare una soluzione, dimenticando che le buone abitudini alimentari si imparano da bambini, non da grandi. E poi c’è chi, per pigrizia, cerca alibi. Perché mettersi in gioco costa fatica”.
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