“Basta studiare!”: la rivoluzione di due papà professori

001978882006HIG_1_227X349_exact“Quel professore non mi piace”. “Prenderò di certo un brutto voto”. “Non ce la farò mai”. “È una materia che non m’interessa”. Davanti alle tipiche frasi degli alunni, soprattutto nei primi anni delle superiori, Marcello Bramati e Lorenzo Sanna, docenti in un liceo classico e scientifico di Milano, “non hanno tirato i remi in barca”. Sul tema, toccato a più riprese con mano in classe, hanno riflettuto tanto da elaborare un metodo “di contrasto”. Da qui, il libro “Basta studiare!” (Sperling & Kupfer) che presenteranno questa sera alle 20.30 al centro culturale “Il Granaio” di Fusignano (in piazza Corelli 16).
“Basta compiti”, “basta studiare”: qualcosa in comune?
“Nulla, se non l’idea che sia necessario ascoltare le esigenze di studenti e genitori. Noi crediamo che i compiti servano e che lo studio, se incanalato in un certo metodo, possa essere svolto senza problemi particolari. Il nostro ‘basta’ significa, in realtà, che è sufficiente studiare per essere sereni e per diventare studenti professionisti”.
Ovvero?
“Lo studente professionista è in grado di applicare un certo modo di lavorare a prescindere dalle classiche dinamiche che si verificano a scuola: dal docente poco affascinante alla materia ostica, fino alla scarsa autostima rispetto a una materia. Lo studente professionista sa quali sono gli amici e i nemici dello studio, sa organizzarsi, sa fare un planning, individua un luogo in cui prepararsi per compiti in classe e interrogazioni. Portarsi il lavoro a casa fa parte del suo mestiere”.
A che fascia di età vi rivolgete, per l’esattezza?
“Il nostro metodo è valido per tutti ma noi abbiamo preso come riferimento il difficile passaggio dalla terza media alle superiori e quindi, sostanzialmente il biennio. Che coincide, per lo più, con un periodo già travagliato di suo: l’adolescenza”.
Le famiglie che parte hanno, nella vostra ‘rivoluzione’?
“Quando incontriamo i genitori durante i colloqui, le lamentele sono le più disparate: ‘mio figlio ha pochi compiti’, ‘mio figlio ha troppi compiti’, ‘mio figlio passa il pomeriggio svogliato sul divano’, ‘mio figlio deve rinunciare al calcio o alla scherma per studiare”. Senza contare quando ci segnalano ragazzi motivati ma incapaci di concentrarsi. Parlare con le famiglie e ascoltarle in un’ottica che vada oltre la mera questione del rendimento scolastico fa parte in maniera imprescindibile del nostro metodo, dove professori, genitori e alunni devono collaborare e fare, ognuno, la propria parte. La nostra proposta parte proprio da un rinnovato desiderio dei genitori a prendere in mano il destino scolastico dei ragazzi anche se sono grandi”.
Quanto ha influito il fatto di essere padri nell’elaborazione di ‘Basta compiti!”?
“Sicuramente ci ha messo del suo. Sia perché i colloqui con i docenti sono spesso improduttivi e danno l’idea di una scuola come occasione perduta, sia perché i ragazzi ci insegnano anche un po’ a fare i padri”.

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