Mistero, infanticidio, malattia, aborto. Il fil rouge delle quattro storie raccontate dalla giornalista Camilla Ghedini in “Interruzioni”, in uscita per Giraldi Editore il 30 aprile, è la non-maternità. Un tema di grande attualità ma anche denso di retorica, quella che l’autrice ha voluto smantellare in favore di una narrazione vera e spietata, intima e ben poco stereotipata.
Camilla, si parla in tutte le salse di mamme e maternità. Tu, invece hai scelto di vedere l’altro lato della medaglia, declinato spesso in maniera dolorosa. Perché?
“Sono sempre stata attratta dalla maternità e dalla genitorialità, dimensioni secondo me misteriose e affascinanti in tutte le loro declinazioni. Non sono mamma ma credo che questi temi non siano solo appannaggio di chi li vive sulla propria pelle. Il libro doveva trattare di infanticidio. Poi, in seguito alla perdita di mio padre, senza dubbio l’evento più doloroso della mia vita, la scrittura ha preso un’altra piega e, di fatto, ‘Interruzioni’ è nato da solo”.
Un infanticidio in seguito al quale la mamma assassina non prova il senso di colpa, una donna che sceglie di non avere figli perché non le riempirebbero comunque la vita, una donna che decide di morire e lo spiega a quella che è sempre stata una madre deficitaria (la sua), l’aborto spontaneo. Quale filo tiene insieme queste quattro storie apparentemente così distanti tra loro?
“La morte. Una dimensione che non mi ha mai spaventata e che fa parte della vita, se la si sa accettare. Nonostante il lutto che mi ha colpita, non sono depressa e trovo ogni giorno un motivo per ridere. Le mie quattro storie dimostrano che, dopo un evento traumatico, non è sempre vero che la vita va avanti o si ferma. A volte, più semplicemente, si interrompe. Il libro è nato così, intorno a quella parte di me che si era interrotta”.

C’è un collegamento tra il libro e il fatto che non hai figli?
“Non ho figli perché non mi sono trovata nelle condizioni di farli. Non è un orgoglio non averne ma, in ogni caso, a 42 anni non mi sentirei all’altezza di farne: ho perso quella fiducia, quell’inconsapevolezza e quel disincanto che credo servano per diventare genitori. Allo stesso tempo credo che le donne che non desiderano bambini cerchino spesso un alibi, come se fosse necessario giustificarsi. Quello che viene descritto come un bivio tra famiglia e lavoro, per esempio, spesso è una contrapposizione irreale. Si può benissimo scegliere di non essere mamme, così come di non fare carriera”.
Colpa, forse, di una pressione sociale sulle non-mamme?
“Credo che la pressione ci sia solo per chi si fa premere. Io, dal canto mio, non l’ho mai avvertita. Contro i luoghi comuni, ho scelto di raccontare che la maternità non è un diritto e che non per forza ti renderà felice e realizzata”.
Camilla Ghedini è giornalista professionista. Vive a Ferrara. Esercita in libera professione nel campo della comunicazione/informazione integrata.
In questo articolo ci sono 0 commenti
Commenta