“No, non sono io che ho mangiato la cioccolata” nonostante le evidenti tracce sulla bocca, oppure “i giocattoli sono caduti da soli, io non li ho proprio toccati” anche se in casa non c’è nessun altro a parte noi e nostro figlio. Sono bizzarre, incredibili e persino divertenti le bugie che i bambini a un certo punto cominciano a dire e anche se a volte all’adulto può dar fastidio sentire una cosa simile venir fuori dalla bocca del proprio amato figlio che fino a qualche minuto fa era il più onesto e leale delle creature sulla terra, le bugie dei bambini non devono affatto spaventarci. “Le bugie – spiega Giselle Cavallari, psicologa –psicoterapeuta specializzata in psicoterapia cognitiva dell’età evolutiva – sono funzionali allo sviluppo del bambino che comincia a percepire la propria mente e i propri pensieri come differenti da quelli degli altri e gli permettono di creare inoltre uno spazio segreto, tutto suo, fondamentale per la crescita”.
E’ intorno ai tre/quattro anni che il bambino capisce che può non dire tutto, raccontare delle cose non vere oppure inventarne delle altre. “Nell’età prescolare – continua Cavallari – non si tratta di vere e proprie bugie ideate per mentire o ingannare, ma di storie che si situano a metà strada tra la realtà e la fantasia”. In questa fase infatti i bambini usano molto spesso il pensiero magico per spiegarsi e interpretare ciò che li circonda: “Davanti a una birichinata, un bambino potrebbe pensare che basti negare la realtà per cambiarla ed è proprio per questo che il genitore non dovrebbe arrabbiarsi, colpevolizzare e giudicare, ma porsi in ascolto e cercare di capire che cosa il figlio gli sta comunicando”.
Ogni bugia o fantasia porta con sé un carico di emozioni, desideri e paure che talvolta il piccolo non sa esprimere in altro modo. “E’ importante rimandare al bambino la differenza tra realtà e fantasia e soprattutto l’emozione che vi era collegata”, precisa la psicologa. Esistono vari tipi di bugie: “Ci sono quelle consolatorie o auto-consolatorie, dette specialmente dai più piccoli, per uscire da uno stato di tristezza; esistono le bugie inventate per risolvere questioni problematiche e quelle a propria discolpa proferite per togliersi da una situazione complicata”.
Ad un certo punto sopraggiungono le dissimulazioni, ossia quando parte della verità viene omessa perché non si vuole farla scoprire all’altro: “E’ il classico esempio del bambino di nove/dieci anni che prende un brutto voto e non lo racconta a casa, perché ha paura della reazione dei genitori. Successivamente nella preadolescenza sopraggiungono anche le calunnie ‘è stato lui, non io a fare quella cosa’ oppure le vanterie che hanno lo scopo di farci apparire più belli e interessanti agli occhi degli altri”.
Sia nell’età prescolare che nell’adolescenza le bugie svolgono un ruolo fisiologico, quello di affermare la propria identità e autonomia, di tipo prettamente cognitivo per i bambini dell’asilo, e di tipo anche funzionale per quelli delle medie: “Le bugie dei ragazzi sono molto più aggressive di quelle dei bambini, molto più abili e con finalità rivolte spesso a sottrarsi al controllo dei genitori, magari per uscire e fare qualcosa senza che loro lo vengano a sapere”.
Le bugie diventano patologiche quando sono continue e persistenti: “In alcuni casi la modalità del mentire e del fingere acquisisce un vero e proprio stile con il quale relazionarsi e quando persiste può dar esito a personalità estremamente problematiche”. Davanti a un adolescente che mente un genitore può trovarsi in seria difficoltà, può sentirsi tagliato fuori dal suo mondo e non sapere come comportarsi soprattutto a causa della riluttanza del figlio a parlare. “Anche nel caso dei ragazzi – conclude la psicologa – è necessario ascoltare, capire cosa effettivamente ci vogliono dire e insegnare loro che la fiducia si costruisce solo attraverso un dialogo continuo e sincero seppur difficile e talvolta doloroso”.
In questo articolo c'è 1 commento
Commenti:
Bellissima spiegazione ,profonda ma nel contesto molto chiara
Commenta