Oggi vogliamo rendere omaggio a un grande che, a 86 anni, ci ha appena lasciato: Paolo Poli. Un uomo colto, intelligente, raffinato e libero, senza padroni. Sempre circondato da libri, sempre una citazione in bocca ma mai quel senso di pesantezza e di sussiego di certi intellettualoni: con una battuta irriverente stemperava tutto e l’interlocutore non si sentiva a disagio. A teatro aspettavi sempre la fine dello spettacolo perché spesso era lì che cominciava il meglio: improvvisazioni, battute, canzoncine scollacciate, rime di Gozzano, lazzi, tempeste di versi. In falsetto e all’insegna dell’imprevedibilità e della genialità. Tutto en travestì, naturalmente, a sottolineare la propria omosessualità giocosa ma mai volgare, palese ma non sfacciata.

Un garbo anticonformista che però non gli ha risparmiato gli strali dell’italietta mediocre e bigotta dei tempi che furono: il suo spettacolo su Rita da Cascia gli valse un’interrogazione parlamentare da parte di Oscar Luigi Scalfaro, personaggio già tristemente noto alle cronache per aver segnalato alla magistratura una signora con uno scollo un po’ troppo generoso per la morale da collegio gesuita.

Un gigante del teatro amatissimo anche dai bambini. I nostri figli hanno ascoltato fin da subito le sue raccolte di favole e di filastrocche toscane, le hanno adorate e ancora le adorano. La preferita? “Il grillo e la formica”. La riproponiamo qui sopra con l’augurio che questo patrimonio dell’infanzia non si disperda e che sia apprezzato anche dalle future giovane generazioni. Ci piace salutarlo con una sua frase celebre: “Quando i nostri idoli cadono dagli altari, i lividi ce li facciamo noi”. Che dolore, oggi.