Un bel macello. Un guazzabuglio fra etica e diritto. Una donna che ha affittato l’utero si è rivolta alla corte suprema di Los Angeles per resistere alla richiesta di aborto del padre biologico. Melissa Cook è una 47enne californiana incinta di tre gemelli che ha ricevuto i gameti da un 50enne della Georgia (gli ovuli sono di una donatrice) al centro di un caso giudiziario che potrebbe portare ad una sentenza epocale. In Usa, dove la maternità surrogata è consentita in molti Stati, fare figli è diventato una specie di contratto e le ‘inadempienze’, per quanto possa sembrare brutale, vengono trattate giuridicamente.
Così la Cook ha respinto la richiesta di aborto selettivo da parte dell’uomo. In pratica il padre biologico, sorpreso dal successo con cui gli embrioni hanno attecchito (tutti e tre quelli impiantati) chiede di evitare il parto multiplo per avere meno rischi. La donna, alla 23esima settimana di gravidanza, come racconta il Washington Post, invece chiarisce che tutti e tre godono di ottima salute, come riportato dagli ultimi esami e che la pretesa dell’uomo è dettata solo da ragioni economiche: in futuro non vuole mantenerli tutti e tre.
Il Center for bioethics and culture network commenta così la vicenda: “Le donne in tutta America sono state intimidite e sfruttate dall’industria per la maternità surrogata che va a caccia dei poveri per profitto – sostiene Jennifer Lahl, presidente del centro – . E ora quest’industria si è spinta troppo in là cercando di obbligare le donne ad abortire feti sani per una mera valutazione economica. Attraverso casi come questo, gli americani inizieranno a capire perché il Canada e tantissimi Paesi europei, asiatici e africani hanno vietato la maternità a pagamento. Trasforma le donne in allevatrici anonime e i bambini in prodotti da ordinare”.
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