L’ombra della “teoria del gender”. La paura che a scuola venga insegnata la masturbazione. I moduli da firmare contro l’educazione di genere, che altro non fa se non insegnare ai bambini e alle bambine a rispettarsi, fuori dagli stereotipi e dai ruoli assegnati a maschi e femmine. Ma associazioni cattoliche e genitori, contro molti insegnanti, fanno partire denunce su denunce. Che oltre a mettere nei guai gli insegnanti che fanno il proprio dovere, rispettando le normative, bloccano di fatto ogni progetto legato alla valorizzazione delle differenze. Ne è convinta Chiara Cretella, assegnista di ricerca in Sociologia e membro del Centro studi sul genere e l’educazione all’Università di Bologna. L’intervento che ha tenuto sabato al seminario “Società, genere ed educazione” organizzato da Femminile Maschile Plurale, Psicologia urbana e creativa e Lucertola Ludens a Ravenna, ha posto l’accento su quello che l’Italia dovrebbe fare tra i banchi di scuola per allinearsi alle direttive comunitarie in materia.
“Il primo passo da compiere – ha spiegato la studiosa – sarebbe quello di dar vita a un’Authority sulla comunicazione di genere, che si occupi per esempio di monitorare le pubblicità dei giocattoli. Basta entrare in un negozio per accorgersi come, ancora, i robot vengano proposti ai maschi e le scope elettriche alle femmine. Bologna ha attivato un protocollo comunale in tal senso ma è di difficile attuazione. Molte volte, infatti, funziona sulle segnalazioni che arrivano dai cittadini, che andrebbero sollecitati in questo senso”.
Ed è rimasto inattuato anche il progetto europeo “Polite” (Pari opportunità nei libri di testo) che nel 1999 invitava a rivedere i libri scolastici, equilibrando la presenza di uomini e donne e superando gli stereotipi di genere: la classica donna che stira accanto all’uomo astronauta, per intenderci.
Ma per Cretella il grande vuoto resta quello dell’educazione di genere e dell’educazione sessuale, che andrebbero introdotte in ogni ordine e grado scolastico non solo secondo lei ma anche secondo la tanto vituperata riforma della “Buona Scuola”, la legge Mori della Regione Emilia-Romagna, il decreto sul femminicidio e altre circolari del Miur.
“Agli insegnanti e alle insegnanti dico – ha precisato la docente – di appellarsi al quadro legislativo che già esiste per difendersi da eventuali attacchi rispetto a progetti che, in realtà, promuovono modelli di relazione positiva tra i più piccoli, prevengono la violenza tra i giovani e possono contribuire a colmare il ‘gender gap’ che vede l’Italia al 69esimo posto al mondo per differenze di genere nei risultati educativi, nell’accesso al lavoro e all’istruzione, nella rappresentanza politica”.
La speranza di Cretella è che possa nascere presto un un’unica materia scolastica (che si potrebbe chiamare come la vecchia educazione civica o, in linea con l’Europa, cittadinanza di genere), dove all’interno finiscano l’educazione alle differenze, l’educazione sentimentale e sessuale, l’educazione all’immagine e ai media, la grammatica di genere: “Alle donne in gravidanza – ha ironizzato la ricercatrice – tutti chiedono se aspettano un bambino. Non ci si pone il dubbio che, in realtà, potrebbero aspettare una bambina. Culturalmente, si nasce maschi”.
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Commenti:
Scusate, scrivete questo e poi pubblicate articoli folli cone “il papà gender”????
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