Già, perché in Italia si può ancora morire di parto? Per provare a rispondere a questa angosciosa domanda il Corriere della Sera ha approntato un focus nella sua edizione on line. I recenti casi delle cinque donne decedute a termine gravidanza assieme ai loro piccoli spronano l’opinione pubblica ad una sempre maggiore attenzione all’argomento.
La prima causa di morte è l’emorragia post partum mal diagnosticata e mal curata mentre i casi di decessi sono una cinquantina l’anno, di cui la metà prevenibili. L’altra metà, invece, è dovuta al caso. E’ semplicemente sfortuna. A livello internazionale, come ricordato anche dai ginecologi in questi giorni, nella graduatoria dell’Organizzazione mondiale della sanità l’Italia è a i primi posti in quanto a sicurezza. Nessuna statistica anomale, dunque, in questo senso. Si tratta di eventi rarissimi, eppure quando accadono lasciano (giustamente) senza parole e destano non poche perplessità.
Il quotidiano lombardo ricorda anche i continui aggiornamenti e miglioramenti della formazione professionale: negli ultimi anni sono stati organizzati corsi di formazione per ostetriche, ginecologi e anestesisti. Fondamentale è la scelta dell’ospedale. Meglio partorire in strutture solide attrezzate, con un alto numero annuo di parti ed evitare i piccoli ospedali sotto i 500 parti l’anno (specie al Sud, dove il livello del sistema sanitario è inferiore) che dovrebbero essere chiusi dal 2010 ma che in buona parte continuano a funzionare.
Qui l’intero focus.
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