Dalla Camst alla rosticceria. Una mamma ritira le figlie dal nido: “Chi controlla i pasti dei nostri bambini?

bavaglini, mensaAlla fine, le sue figlie di quasi due anni, ha deciso di ritirarle. Perché certezze sul cibo somministrato a pranzo e a merenda non ne ha avute da nessuno. Angela (nome di fantasia) è una mamma di Ravenna che lo scorso anno è ricorsa, per le sue gemelle, a un nido privato convenzionato con il Comune (che terremo anonimo). Dopo qualche mese, però, ha iniziato a notare che, quando chiedeva alle educatrici se le figlie avessero mangiato e in che quantità, le risposte erano alquanto vaghe: “Mi dicevano carne e non pollo o tacchino. Se mi raccontavano che le bambine avevano preso due volte il primo e mi stupivo che avessero mangiato così tanta pasta al pesto quando a casa, invece, la rifiutano, la maestre precisavano che quel giorno c’era stato un cambio di programma e la Camst aveva portato la pasta al pomodoro”. Non solo: “Quando le ritiravo dopo la merenda, sembravano avere fame e volevano mangiare ancora. A merenda, ho scoperto poi, veniva somministrata il più celle volte una schiacciatina confezionata, non prodotti freschi come era scritto sul menù esposto all’ingresso. La scusa? La struttura non è dotata di frigorifero”.

Angela, allora, ha chiesto un confronto diretto con la direzione. Dove le hanno spiegato che la comunicazione ai genitori sul cambio di fornitore – una rosticceria della città e non più la Camst – non era stata data per una dimenticanza, non certo per un tentativo di nascondere la verità sull’alimentazione dei bimbi ai genitori: “Posso anche crederci – spiega Angela – e posso anche non dubitare sul fatto che la rosticceria rispetti le esatte grammature e la qualità degli ingredienti che vengono garantite nei nidi esclusivamente comunali. Ma davvero il menù esposto giornalmente era quello che finiva sulla tavola delle mie figlie e dei loro compagni? Chi mi dà la certezza di quel che hanno mangiato durante l’anno?”.

Angela è andata avanti, pretendendo un incontro con gli uffici preposti del Comune. Peccato che le abbiamo spiegato come un nido privato (sebbene abbia una quota di posti “comunali”) non abbia alcun obbligo di dire alle famiglie che il soggetto che prepara e consegna i pasti è cambiato e si chiama X o Y: “Mi hanno detto che se la rosticceria, come è stato in questo caso, ha l’autorizzazione a vendere i pasti al pubblico, allora il resto non conta. Se è così, mi sembrano regolamenti assurdi e davvero poco garantisti rispetto alla salute dei bambini”. E anche rispetto all’esborso economico delle famiglie: “Non sapendo con esattezza che cosa le mie figlie abbiamo mangiato per mesi e mesi, mi chiedo anche se i 6 euro a testa che ho pagato ogni giorno per la loro alimentazione siano stati spesi bene”.

Resta, insomma, la grande domanda: “Noi genitori in che modo possiamo controllare il contenuto e la qualità del cibo servito ai nostri bambini?”. Angela terrà di certo le antenne dritte anche adesso che ha cambiato nido.

E voi, che cosa ne pensate?
A questo link le “garanzie” che il Comune dà alle famiglie rispetto alla refezione scolastica dai nidi in poi.

 

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