All’ordine del giorno i provvedimenti del governo sulla scuola (impropriamente chiamati “riforma”), ma anche e soprattutto l’apertura delle iscrizioni per il prossimo anno scolastico.

I ragazzi e le ragazze di 14/15 anni, che hanno terminato le medie, si accingono ad affrontare i 5 anni di superiori che saranno determinanti per la loro vita futura, nel lavoro e nella società.

La scelta della scuola un tempo era facile e su binari prestabiliti; poca disponibilità economica o poca voglia di studiare portavano a cercare una scuola tecnica, che portasse ad un diploma “spendibile” subito nel mercato, per ragazzi che non sarebbero andati all’università, mentre una maggior agiatezza oppure una grande attitudine allo studio, collegata alle ambizioni della famiglia, portavano a scegliere un liceo, più adeguato ad una formazione culturale e non professionale ed anticamera dell’università.

Oggi non è più così; perché è cambiata la società, anche se non la scuola, ed è cambiato il mondo del lavoro, che per gran parte dei giovani è un “non lavoro”, oppure un’attività improvvisata e casuale che nulla ha a che vedere con gli studi compiuti.

La laurea non è assolutamente foriera di promozione sociale, gli stessi corsi di studio si sono impoveriti enormemente, per non parlare del livello infimo dei docenti e non c’è nessuna università italiana fra le prime 100 nel mondo.

I licei hanno trovato una loro nuova funzione nel cercare di fornire una formazione culturale il più possibile a vasto raggio e nel promuovere una capacità critica di analisi ed interpretazione della nostra storia, della società in cui viviamo e dei fenomeni che in essa si manifestano.

E’ nato il Liceo Linguistico, lo Scientifico ha scoperto alcuni indirizzi specifici da offrire ai ragazzi in base alle loro attitudini, lo stesso Artistico si è rinnovato ed ha precisato la sua offerta; solamente il Liceo Classico mi sembra che si configuri come un residuato del passato, una specie di “reperto archeologico”, un po’ un: com’eravamo.

In un mondo globale, dominato dalla comunicazione in tempo reale, dalla scienza e da una tecnologia sempre più padrona della nostra vita, il Liceo Classico è ancora la scuola di due secoli fa, improntato ad una cultura umanistica totalizzante, di stampo idealistico ed astratto, in cui si passano anni a studiare lingue morte, ma non si è in grado di comunicare con i vivi al di là delle Alpi.

Il Liceo Classico è un po’ l’emblema dell’Italia del terzo millennio, un Paese in cui si riportano alla luce i resti di un grande porto di 2000 anni fa e si leggono iscrizioni incise sulla pietra, ma nel quale i treni che portano i turisti a Ravenna non hanno l’aria condizionata con 40 gradi, per andare a Venezia o Firenze bisogna passare da Bologna, la spazzatura si accumula in montagne nelle nostre grandi capitali del passato, non si riesce a fare un ponte di un chil
ometro e mezzo a Messina, quando i portoghesi ne hanno fatto uno di 15 chilometri a Lisbona.

Ovviamente chi ci governa, o ci ha governato, non è affatto scandalizuomo al mare, ozio, giornale, spiaggiazato da contraddizioni simili, infatti negli stessi provvedimenti sulla scuola non si parla di programmi, di contenuti e, soprattutto, di riassetto dei licei e scuole superiori.

Il mondo corre, l’Italia sta in poltrona.