Diagnosi fai-da-te sul web: un progetto per non abbandonare i pazienti a se stessi

tumore al seno, mammografiaProbabilmente è capitato a tutti. Si avverte un malessere, che magari dura da qualche giorno, e anziché andare dal proprio medico, col timore che ci prescriverebbe una serie di esami, si dà una rapida occhiata al web, in cerca di consolazione. In genere, però, quello che si trova ci fa sprofondare in una spirale di terrore che si autoalimenta e che peggiora i sintomi della presunta, gravissima malattia che ci ha colpiti. Immaginate quanto questo può essere pericoloso per una persona a cui magari è già stata diagnosticata una malattia importante come una forma tumorale, ma anche patologie meno terrorizzanti ma da non prendere alla leggera come il diabete, le cardiopatie, l’ipertensione. Perché, dunque, la presenza di professionisti della medicina sul web non viene implementata in modo che chi cerca una prima risposta in rete trovi una guida sicura? E perché non si creano piattaforme affinché i malati restino in contatto con i professionisti e non si sentano soli nella loro battaglia? Di questi temi si occuperà il web coach Ramon Colombo nel suo intervento al congresso “Ritroviamo la bellezza perduta. La Crisalide del paziente oncologico: l’impatto degli aspetti oncologici, psicologici ed estetici nella relazione di aiuto”, che si svolgerà a Rimini (Centro congressi SGR) il 21 febbraio. “Il web coaching – spiega Colombo – consiste nel far scoprire a imprese e professionisti le potenzialità del web, soprattutto in un momento di forte crisi. Non parlo di siti vetrina, che sono solo un modo vecchio di fare comunicazione sfruttando un mezzo nuovo, ma di strumenti per rispondere a nuove necessità”.
Come traslare questo concetto dall’ambito imprenditoriale a quello della medicina?
“Il punto di partenza è che oggi molti pazienti si formano un’opinione navigando in internet. Questo significa che da una parte c’è il problema dell’autodiagnosi o dell’automedicazione, ma è anche vero che c’è una grande opportunità per i medici, che potrebbero darsi visibilità e andare incontro ai pazienti. Se chi cerca risposte in rete trovasse professionisti autorevoli a cui rivolgere le proprie domande, anziché forum in cui tutti dicono tutto, sarebbe una bella opportunità per tutti”.
Ma non si rischia che poi il paziente si accontenti di una risposta via web e non si rechi più di persona dal medico?
“Ci deve essere sempre l’invito a recarsi di persona da uno specialista. Ma intanto, avere risposte da una fonte accreditata può aiutare a trovare una soluzione, a razionalizzare il problema. Certo, i medici dovrebbero riuscire ad adottare un linguaggio chiaro e comprensibile a tutti”.
L’utilizzo di piattaforme web non sarebbe particolarmente utile per quelle persone che hanno già intrapreso un percorso di diagnosi e cura, affinché non ci sia dispersione e i pazienti non si sentano abbandonati a loro stessi?
“Certamente. Si potrebbe instaurare e far crescere una relazione medico/paziente, che si sviluppa anche attraverso chat o e-mail. In caso di dubbi, l’ammalato sa che c’è sempre qualcuno che gli può rispondere”.
In campo oncologico quali potrebbero essere le potenzialità?
“Si pensi al supporto psicologico. Oggi sappiamo che questo aspetto può fare la differenza nella qualità della vita delle persone malate, in ogni fase”.
Ci sono professionisti della medicina che si sono rivolti a lei per attivare sul web un’iniziativa di questo tipo?
“Sì, ci sono alcuni psicologi”.
E contatti con istituti di ricerca e cura, o con aziende sanitarie, ce ne sono?
“Nulla, al momento. In Italia c’è ancora molto da lavorare”.

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