
“Segnate da Dio”, “rami secchi”, “mule”. Le registe Nicoletta Nesler e Marilisa Piga, invece, hanno preso in prestito dai pastori sardi la parola “Lunàdigas”, che indica le pecore che non figliano a causa della “luna storta”. Perché per trattare il tema della non maternità – vero tabù in un Paese come l’Italia – serviva un tono un po’ provocatorio. In pochi, finora, hanno scelto di scoperchiare la pentola e andare a vedere che cosa c’è sul fondo (tra le poche che si sono buttate ci sono Eleonora Cirant ed Elena Rosci). Lo stigma sociale è ancora fortissimo e il coraggio di mettersi a nudo e verbalizzare il perché di una scelta ancora poco rispettata non è scontato. Nicoletta e Marilisa, anche loro non-madri, hanno intervistato donne più o meno celebri (ci sono anche Veronica Pivetti e la scomparsa Margherita Hack), più o meno giovani, eterosessuali e non, senza tralasciare qualche uomo (come Moni Ovadia). Ne è nato un web doc aperto a nuovi contributi: la ricerca, insomma, continua.
Childfree, si dice spesso. C’è un filo conduttore nelle storie di chi ha scelto di non essere madre?
“No, anche perché non siamo partite da un’idea da dimostrare ma dalla voglia di fare una ricerca il più ampia possibile. Le ragioni sono talmente personali e speciali che ogni donna ha le sue. Ci ha colpite, questo sì, l’enorme confidenza dimostrataci: non è semplice mettere in fila le cose, elaborare i motivi di una decisione spesso malvista. A volte, fuori dai microfoni, abbiamo chiesto alle donne intervistate se ci hanno davvero raccontato tutta la verità”.
Il fatto che una donna senza figli continui a essere vista come diversa, sbagliata e contro-natura viene in qualche modo interiorizzato?
“Non vogliamo generalizzare e fare statistiche ma per la nostra modesta esperienza, crediamo di sì. Le donne senza figli che ci stanno scrivendo in questi giorni ci ringraziano perché, nel sentire e leggere le testimonianze di quelle come loro, si sentono liberate”.

Perché, secondo voi, c’è ancora così tanta difficoltà a rispettare, capire e spiegare che anche senza figli una donna può essere realizzata?
“Perché è la nostra cultura che, maledettamente, si è irrigidita sull’idea che una donna che non procrea non completa la propria storia, la propria vita. Durante un pranzo domenicale, è difficile che qualcuno chieda a una donna perché non ha bambini. Noi stesse, quando diciamo che non abbiamo figli, assistiamo ogni volta a espressioni tristi, come se fossimo delle poverette”.
Qual è lo scopo finale del vostro lavoro?
“Vorremmo che la ricerca venisse diffusa a tal punto da avviare un piccolo cambiamento culturale. Solo lavorando sulla cultura si può pensare di abbattere gli stereotipi. Per questo diciamo a tutte: fatevi sotto. La raccolta di contributi, sul nostro sito, è aperta. Chi vuole raccontarsi, lo faccia”.
Per consultare, diffondere e prendere parte a Lunàdigas, cliccare qui (funziona meglio con Google Chrome)
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