Ravenna capitale della cultura? L’esperto: “Riportate i bambini nelle strade e nelle piazze”

Una vignetta di Tonucci, detto anche "Il frato"
Una vignetta di Tonucci, detto anche “Il frato”

“Una capitale europea della cultura dovrebbe mettere anche i bambini al centro”. In attesa di sapere se a Ravenna sarà assegnato il tanto desiderato titolo – l’annuncio è previsto per domani 17 ottobre – abbiamo chiesto a Francesco Tonucci, pedagogista e responsabile del progetto “La città dei bambini” varato per la prima volta dal Comune di Fano 23 anni fa, di che cosa dovrebbe preoccuparsi prima di tutto la città.
Ravenna, nel campo dell’infanzia, è molto attiva: servizi educativi di qualità, rassegne teatrali, progetti sulla lettura. Basta?
“Spesso, quando sono critico verso le città moderne, mi si contesta che i servizi ci sono eccome. Stiamo attenti, però: spesso i servizi sono per le mamme e i papà, non per i bambini. Non sto certo proponendo di chiudere i nidi, ci mancherebbe. Ma se chiedessimo ad un bambino che cosa desidera, ci risponderebbe forse di volere un’ora di nido e una di mamma, un’ora di nido e una di mamma. Ecco, una città dei bambini è una città che si preoccupa di metterne le esigenze al centro”.
In che modo? Facendoli partecipare alla progettazione della città?
“Certo ma non facendo finta di ascoltarli attraverso consigli di bambini e ragazzi che si riuniscono una volta all’anno. Io ho sempre proposto che gruppi di bambini lavorino concretamente al servizio del sindaco. Tra i loro desideri, come mi è capitato di riscontrare, non ci sono certo parchi gioco. Al contrario, spazi da vivere insieme ai grandi. Ed è proprio da qui che parte il nostro progetto internazionale, al quale hanno aderito più di 200 città dell’area latina, dalla Spagna all’America meridionale e centrale”.
“La città dei bambini” è anche un suo celebre libro. Qual è la proposta rivolta alle amministrazioni locali?
“Sciolgo subito un equivoco: il mio non è un progetto educativo ma una proposta politica rivolta ai sindaci affinché ribaltino il parametro per cambiare le loro città. Il modello moderno nato dopo la guerra ha escluso anziani, donne e bambini, incentrandosi invece sull’adulto maschio lavoratore. Ora non basta costruire dei giardinetti dove relegare i più piccoli su scivoli e altalene. Ai bambini va riconsegnato lo spazio pubblico: strade, piazze. Non significa certo rendere le nostre città più giocose e infantili”.
Un suggerimento per Ravenna?
“Noi proponiamo da anni che i bambini vadano a scuola insieme ai compagni, non insieme agli adulti. Il pedibus non è sufficiente. Serve ovviamente una rivoluzione culturale: dobbiamo convincere i genitori che una città dove i bambini sono presenti per strada è una città più sicura, perché il quartiere diventerebbe un vigilante sociale. E l’ambiente sarebbe del tutto ostile alla delinquenza. Purtroppo, però, molti amministratori sembrano aver dimenticato di essere stati bambini”.
C’è qualche esempio virtuoso, vicino a noi?
“Cito spesso Pontevedra, in Galizia, che ha fatto un lavoro enorme, cercando di restituire lo spazio pubblico ai pedoni, dai quali si dovrebbe sempre partire per liberarci dal traffico e dai mezzi privati. Gli attraversamenti pedonali sono raso marciapiede, non raso strada. Un pedone non deve mai scendere o salire, così sono state abbattute anche le barriere architettoniche. E la velocità delle macchine si è ridotta, con un risparmio di vite impressionante”.
Quali vantaggi, per i bambini?
“Una ricerca danese dimostra che i bambini che vanno a scuola a piedi, in classe hanno un livello di attenzione più alto. Senza contare i benefici per la salute, in un’epoca dove l’allarme obesità infantile è ben noto”.
In Italia ci sono città da cui prendere esempio?
“Fano, prima di tutto. Poi Cremona, San Giorgio a Cremano, Malnate. Il problema, però, è che spesso quando cambia l’amministrazione, gli impegni decadono. A Roma ho lavorato quando era sindaco Veltroni. Da quando c’è Marino, tutto è cambiato: ancora non siamo stati chiamati per continuare quell’esperienza. Eppure Marino, in campagna elettorale, citava il mio libro. Ecco, a Ravenna direi questo: i bambini vanno messi in premessa, non in mezzo ad una lista di cose da fare”.

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