Da oggi i bolognesi dello stesso sesso che si sono sposati all’estero potranno registrare il loro matrimonio anche all’archivio di stato civile della loro città. Lo sancisce una direttiva firmata dal sindaco di Bologna, Virginio Merola, il 30 giugno scorso, ma è già scontro con il prefetto Ennio Mario Sodano, che ha chiesto al primo cittadino di annullare l’atto perché l’ordinamento italiano non prevede la possibilità di registrazione di matrimoni fra persone dello stesso sesso. Dal canto suo, Merola ha annunciato di voler andare avanti in quella che definisce “una battaglia di civiltà. Questo non è un tema del prefetto, ma risponde a indirizzi ministeriali. E’ la conferma che c’è una discordanza tra le norme europee e quelle del nostro paese. Questa circostanza dovrebbe convincere il Parlamento ad approvare una legge per dare certezza del diritto a queste persone”.
Una nota di palazzo D’Accursio spiega anche la procedura da seguire. La domanda consiste nella compilazione di un modulo in bollo da 16 euro, accompagnato da copia di un documento di identità dei firmatari. Gli interessati dovranno produrre l’atto in originale o in copia conforme, legalizzato dal Consolato/Ambasciata italiana competente all’estero, oppure munito di apostille per i Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, corredato di traduzione in lingua italiana effettuata da traduttore giurato la cui firma sia legalizzata. Il tutto collazionato e unito da timbri apposti dal traduttore. Per i Paesi aderenti alla Convenzione di Vienna del 1976 l’atto di matrimonio può essere presentato su modello plurilingue. Su richiesta dei diretti interessati, verrà rilasciata la sola copia integrale dell’atto di matrimonio trascritto.
La ben poco romantica trafila è già stata seguita dal senatore Pd, ed ex presidente Arcigay, Sergio Lo Giudice, che tre anni fa a Oslo sposò il compagno Michele Giarratano.
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