“Mia nonna disse a mia madre, prima di sposarsi, che nel matrimonio contava il rispetto, non l’amore. Mia madre mi disse, prima di sposarmi, che l’amore contava eccome. E il sesso pure. Io, alle mie figlie, non ho avuto bisogno di spiegare nulla”. Chiara Saraceno è una delle più importanti sociologhe della famiglia in Italia. Sabato 13 settembre alle 18 sarà in piazza Grande a Modena all’interno del Festival Filosofia. “Onora il padre e la madre: un comandamento inattuale” sarà il titolo della sua lezione magistrale.
Professoressa, è così automatico onorare mamma e papà?
“No, nemmeno se si sono sacrificati. Rispetto e gratitudine non sono la stessa cosa dell’onore, che si ottiene solo a due condizioni. Che i genitori abbiano condotto una vita degna d’essere vissuta. E che quella vita abbia incluso uno spazio di accompagnamento dei figli. Spesso noto che sono più onorabili quelle madri e quei padri che hanno aperto un percorso significativo per i figli nonostante condizioni difficilissime di vita”.
Pretendiamo quindi troppo, dai nostri figli, una volta che sono diventati adulti?
“Sì, noto con stupore una certa gloria schiacciante da parte di alcuni genitori. C’è questo continuo guardare ai figli come esseri non all’altezza delle proprie aspettative. E vedo uno strabordante desiderio di riconoscimento da parte di madri e padri. C’è tutta una letteratura in tal senso, basta guardare al libro di Michele Serra sugli adolescenti o di altri autori. Non si capisce bene se tutta questa nostalgia la provino nei confronti dei padri che avrebbero voluto essere o nei confronti del padre che da giovani hanno rifiutato”.
Sarebbe meglio accettare che le cose cambiano?
“Sì, le stesse definizioni sono strette. Pensiamo alle famiglie monogenitoriali: un termine che fotografa solo una situazione residenziale. Spesso il secondo genitore c’è eccome, solo che non vive con il figlio. I rapporti cambiano, la famiglia non è mai stata la stessa nel corso del tempo”.

Parlare di famiglia tradizionale, quindi, è sbagliato?
“Sì. bisognerebbe chiedersi rispetto a quale epoca intendiamo l’aggettivo ‘tradizionale’. Le scelte che ho fatto io, ovvero sposarmi, fare figli all’interno del matrimonio e non divorziare, non sono uguali a quelle delle mie figlie. Né tantomeno a quelle di chi mi ha preceduta”.
Perché, allora, parlare di attacco alla famiglia?
“Ai conservatori fa paura tutto ciò che cambia, perché destabilizza. La famiglia è importantissima, ci mancherebbe. Si formano lì le personalità. Ma è un qualcosa in divenire, sia come forma che come contenuto. La famiglia non è qualcosa di naturale, è quanto di più socialmente costruito esista”.
Che cosa cambierà, se si può prevedere, nel nostro Paese?
“Come in un film già visto, prima si modifica la cultura, poi la giurisprudenza, infine le leggi. Anche la famiglia omogenitoriale, credo, prima o poi verrà riconosciuta”.
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