Partorire e non staccare il cordone. L’esperienza di Barbara: “Che emozione”

Barbara con il piccolo Federico
Barbara con il piccolo Federico

Parto ospedalizzato o parto in casa? C’è anche chi li ha provati entrambi e oggi può raccontare le differenze. Barbara Montefiori è di Bagnacavallo. Il 17 aprile ha dato alla luce Federico, il suo secondo figlio. Per il quale ha fatto una scelta opposta rispetto alla prima volta: parto nella stanza da letto di casa sua, dentro una piscina gonfiabile piena d’acqua, luci soffuse, un’ostetrica e una doula a sua disposizione e, soprattutto, il lotus birth o, come viene chiamata in gergo, la nascita con la placenta: il cordone che legava il suo bambino a lei non è stato reciso, Federico si è portato dietro la placenta, poi messa sotto sale, dentro un sacchetto di cotone, fino alla caduta naturale, tre giorni dopo. Nulla di scomodo secondo Barbara: “Nei primi giorni non si fanno grandi spostamenti, e il sacchetto con la placenta non impedisce certo l’allattamento”.

Jacopo, il primo figlio della donna, è nato invece in ospedale. Un’esperienza non del tutto negativa per la mamma ma densa di ricordi non troppo piacevoli: “Il bambino pesava solo 2,280 chili, appena è nato me l’hanno portato via per metterlo in culla termica e l’ho rivisto solo qualche ora dopo. Un distacco che non ho gradito e che, alla seconda gravidanza, ero convinta di voler evitare. Di lotus non si parla, io ho trovato informazioni su Internet e mi ha affascinata l’idea che il neonato possa usufruire per alcuni giorni dopo la nascita di un flusso sanguigno che lo nutre e lo protegge. Anche Federico era piccolo, pesava 2,400 chili. Eppure non è stato allontanato da me, è bastato solo il mio calore, si è attaccato subito al seno”. Una procedura completamente diversa da quella che viene attuata negli ospedali: “Lì, appena il bimbo nasce, gli vengono date delle vitamine e gli vengono puliti il nasino e le orecchie, attività a lui estranee. A Federico non è stato fatto assolutamente nulla”.

Barbara non ha rimpianti rispetto alla prima gravidanza, perché se no fosse passata attraverso il parto ospedalizzato, forse non avrebbe sentito l’esigenza di avvicinarsi a formule più vicine ai suoi desideri. Ma se tornasse indietro, è certa che lascerebbe in un angolo le mille paure che accompagnano le donne in procinto di avere il primo figlio per optare senza esitazioni per lotus e parto in casa: “Lo consiglierei a tutte le donne. L’esperienza che si vive è bellissima, indimenticabile, emozionante”.

Il parto di Barbara mette in luce un argomento che ultimamente sta facendo molto discutere: la collaborazione tra figure professionali diverse intorno alla nascita. Ad assisterla, infatti, è stata Maria Pia Pandolfo, medico ginecologo, appassionata di ostetricia e per nulla avversa a farsi supportare da una doula, Laura Casadei: “Farsi la guerra non serve a niente. Io sono per la collaborazione. Nel caso di Barbara, io e Laura insieme abbiamo lavorato benissimo”.

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