Che paura quel dottore: a Ferrara l’ospedale dei pupazzi

Ospedale dei Pupazzi
L’Ospedale dei Pupazzi immortalato lo scorso anno da Silvia Pignani (anche le altre foto sono sue)

Il tuo pupazzo ha una zampina rotta? Ha la farfalle nello stomaco? Ha le coccole alte nel sangue? Sono queste le frasi con cui gli studenti di Medicina di Ferrara che fanno parte dell’associazione Sism invitano per domani, sabato 10 maggio, al Parco Massari (dalle 10,30 alle 18,30) i bambini della città (e non solo) per vincere la paura di medici, ambulatori, siringhe, medicine. Umberto Baggio è uno dei ragazzi che partecipa al progetto Ospedale dei Pupazzi che altre città d’Italia hanno già sperimentato e che anche negli Stati Uniti viene da tempo proposto ai più piccoli.
Umberto, che cosa fa più paura ai bambini?
“Innanzitutto il camice bianco. Il medico viene visto come una figura austera, autoritaria e che incute soggezione. Senza contare il terrore degli aghi. Domani allestiremo un ospedale di cartapesta con tutti i reparti, compreso il laboratorio di analisi. I bimbi potranno portare da casa i loro peluche e bambolotti. Se non li avranno con loro, li metteremo a disposizione noi”.
Ospedale dei PupazziQual è il vantaggio di usare come tramite, per l’abbattimento delle proprie paure, un pupazzo?
“I bambini operano una sorta di trasferimento delle proprie ansie sul pupazzo, con il quale si identificano. L’abbiamo notato anche lo scorso anno quando abbiamo organizzato la stessa iniziativa. E quando andiamo nelle scuole materne, viene ribadito: i bambini ci dicono che il pupazzo ha avuto la varicella, il morbillo, male ad un piede. Cose che in realtà sono successe a loro”.
Ospedale dei Pupazzi SONY DSCE il riscontro degli adulti, qual è?
“La reazione è ottima anche da parte de genitori. Ci confermano il fatto che i bambini si tranquillizzano, si rassicurano. L’anno scorso abbiamo coinvolto 200 di loro solo in piazza. Un bel risultato che speriamo di replicare. Noi studenti saremo in veste di pupazzologi: abbiamo fatto un corso con alcuni docenti per imparare a relazionarci con i bambini. Il tema è delicato, non ci si può improvvisare”.

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