Per quasi la metà, è l’esperienza più bella della vita. Ma non sempre in discesa. È questa l’immagine dei genitori italiani con figli fino ai 3 anni che emerge dalla ricerca “L’esperienza genitoriale nella prima infanzia e percezione dei servizi”, condotta da Swg in collaborazione la Società Dolce, presentata all’Oratorio di San Filippo Neri. Nata per analizzare la relazione tra domanda e offerta dei servizi per la prima infanzia, è un ritratto fedele anche di come l’esperienza della genitorialità sia vissuta in tempo di crisi, economica e sociale.
L’indagine – introdotta da Maurizio Pessato, presidente Swg – si sviluppa in due tronconi: uno quantitativo, condotto su un campione di 650 persone residenti nelle regioni del centro (Lazio, Umbria, Marche, Toscana) e del nord Italia (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) con figli di età compresa tra 0 e 3 anni; uno qualitativo realizzato attraverso una web discussion.
Così, se il 42 per cento definisce l’esperienza di genitore la più bella in assoluto, per il 50 è soprattutto molto difficile, mentre il 30 si chiede se davvero ne valesse la pena. Una donna su 4 nei primi anni di vita del figlio ha accusato forte stress, una su 2 ha dovuto fare i conti con la depressione. Percentuali invertite tra gli uomini. Quanto al rapporto di coppia, la nascita di un figlio nel 35 per cento dei casi l’ha lasciato invariato, nel 28 l’ha rinforzato. Una volta su 3 ne è uscito, invece, in difficoltà. Nello stesso periodo, il 25 per cento delle famiglie ha registrato una situazione economica peggiorata per le esigenze del bambino. La percentuale aumenta tra chi manda il piccolo al nido (29) e cala tra chi non vi si appoggia (20), segno che la retta è una spesa non indifferente per le tasche degli italiani. La metà dei genitori ha riscontrato difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia: le madri tendono a togliere tempo al lavoro per dedicarsi di più al figlio, discorso inverso per i padri. Il 39 per cento degli intervistati ha raccontato anche di dover rinunciare a hobby e tempo libero, o anche solo alla cura di se stessi; ma per più della metà questo non è un sacrificio troppo pesante.
Focus nidi: la metà esprime un giudizio chiaramente positivo, un terzo si attesta su valutazioni medie (tra il 6 e il 7 in una scala da 1 a 10). Interessante è notare che la soddisfazione aumenta con il calare della retta. In media, per il 60 per cento del campione il nido ha un’importante funzione educativa, per il 30 non è altro che una necessità. Chi non ricorre al servizio tende a ridimensionarne il ruolo, mentre i fruitori si dimostrano più convinti del valore aggiunto che la scuola per l’infanzia può fornire.
La ricerca, poi, si dedica a un confronto tra 2 realtà tra loro molto diverse: Emilia-Romagna e Lombardia. Per i residenti in Emilia-Romagna è naturale la scelta del pubblico, mentre il privato non è che un’alternativa residuale, a cui ricorrere solo se i posti nel pubblico sono limitati numericamente. Per i lombardi, il privato è l’unica garanzia di qualità e flessibilità. Il 72 per cento degli emiliano-romagnoli è soddisfatto dei servizi per l’infanzia forniti dalle istituzioni contro il 59 dei lombardi. Secondo il 74 per cento dei residenti in E-R i nidi hanno una funzione educativa, in Lombardia si scende al 56.
La web discussion, portata avanti su forum on line, conferma quanto ricavato dalla ricerca: diventare genitori, ridimensionare o riposizionare le proprie aspirazioni non è un percorso lineare. Ma se affrontato con qualcuno, magari anche sul web, nelle community di mamme e genitori, può diventare meno impegnativo. Cosa chiedono, alla luce di tutto ciò, le mamme del 2014? La risposta arriva da Alessandra Salfi e Rado Fonda, autori della ricerca: “Maggiore flessibilità e costi più contenuti. Un’offerta più ampia, che investa in laboratori creativi e spazi ricreativi, in ludoteche e biblioteche, nella musica, nel teatro e in spazi gioco all’aperto. Chiede un aiuto concreto”. Nelle parole di Marilena Pillati, assessore alla Scuola del Comune di Bologna, una parziale risposta e una nuova questione: “Siamo in una fase molti difficile: la politica in E-R si sta chiedendo come coniugare le politiche educative per l’infanzia e la crescente fragilità sociale. Tante famiglie, sebbene lo vorrebbero, non si possono permettere di iscrivere i figli al nido. Sta a noi trovare nuovi modelli in grado di rispondere alla diversità delle richieste, per continuare a sostenere come prioritari il diritto all’educazione e alla cura”.
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