“Guariamoli è come un piccolo aliante. Lanciato da mani sapienti, se ben realizzato si mette a volare; umile, silenzioso, pulito. Vola per chi lo sta a guardare. Vola per chi, con occhi pieni di speranza, spera che il suo volo non si fermi mai”. Righe che raccontano tutto: la forza, la voglia, la speranza. E l’amore, tutto l’amore che ci vuole per svegliarsi la mattina e pensare che, al di là della tua vita professionale, del tuo lavoro, della tua famiglia, ci sono loro: bambini senza speranza di guarire nel loro Paese. Che la ritrovano in Italia dove arrivano malati, spesso gravemente, spesso con ‘una sentenza’ di morte sulle spalle. Un verdetto che non sempre è inappellabile, come è successo per Demokrat. Che altre volte, invece, lo è, come è stato per Aferdita, che ha chiuso gli occhi per sempre nel suo viaggio in cerca di una speranza.

L’aliante di questi bambini si chiama Guariamoli, un network di sette associazioni sparse in tutta Italia, nato nel 2009 quando l’attività del CiMic Health in Kosovo, svolta dall’esercito italiano, terminava. Fino ad allora quella missione aveva garantito l’arrivo dei piccoli pazienti in Italia. Un ponte che non si poteva interrompere. La vita, la speranza, l’amore di Guariamoli iniziano da lì. Come racconta Mauro Utel, coordinatore del network.

Mauro, cosa c’è dietro la parola Guariamoli?
“Guariamoli condensa nella sua etimologia il significato stesso della nostra azione e del nostro obiettivo comune; abbiamo usato l’imperativo non a caso, quale segnale della forte determinazione che spinge ciascuna delle associazioni di volontariato aderenti a perseguire tutte le azioni necessarie a garantire la guarigione dei piccoli pazienti che in patria non hanno tale possibilità. Guariamoli è divenuto un sistema che realizza un progetto di assistenza umanitaria internazionale, avvalendosi delle conoscenze e competenze consolidate di ciascuna associazione aderente e arricchendosi di continuo delle esperienze maturate in comune. Il tutto per consentire ai bambini giudicati non curabili in patria di avere una seconda chance con l’aiuto dei medici italiani”.
Com’è nato il progetto? 
“Il progetto nasce in una sera prossima al Natale del 2009, durante una telefonata con il referente del CiMiC Health del Kosovo, il tenente Carmelo Chiolo che ci annunciava il futuro intendimento di terminare le attività in quella regione e la conseguente necessità di porre in essere le azioni per garantire una forma di continuità nel tentativo di guarire i piccoli pazienti. “Dobbiamo fare qualcosa per garantire loro la guarigione…”, mi disse laconicamente Carmelo. Gli ho chiesto qualche minuto di riflessione durante il quale ho verificato la possibilità di acquisire il dominio internet “guariamoli.org”. Dopo circa 30 minuti gli ho comunicato che il nostro motto “Guariamoli!” aveva trovato “dimora informatica” e che era giunto il momento di mettersi in azione. Pochi mesi dopo, presso la caserma “Villaggio Italia” in Kosovo, eravamo riuniti con numerose associazioni con le quali abbiamo iniziato a collaborare fattivamente nella costruzione del network. L’Esercito Italiano ha dato quindi un forte impulso ad organizzare la rete di associazioni, che tra l’altro era già stata fortemente suggerita da ASVI Italia di Milano”.
Come sei arrivato a Guariamoli?
“Dopo la promozione iniziale dell’iniziativa, ho proposto, disponendo di un bagaglio professionale personale, di realizzare un sistema gestionale di coordinamento tra le associazioni, ospedali, ambasciate e in generale tra tutti gli attori interessati dal processo di assistenza umanitaria. Tale proposta ha fatto sì che, oltre alla realizzazione del programma, le associazioni del network mi affidassero anche il coordinamento operativo. Per circa due anni ho svolto quindi il doppio ruolo di rappresentante di una delle associazioni e di coordinatore”.
Quante associazioni ne fanno parte?
Sette e sono: Ana Moise di Aosta, Casa Nonna Anna di Capranica, Cosmohelp di Faenza,  Famiglia dovuta di Bari, Kim di Roma, Ministri degli Infermi Padri Camilliani di Roma e Un Cuore un mondo di Massa. Ma altre collaborano più o meno attivamente con noi, contribuendo positivamente alla condivisione di esperienze e ricevendone collaborazione nei casi più complessi”.
Come riuscite a sostenere economicamente le spese per assistere i bambini e le loro famiglie?
“Il concetto di network che abbiamo costruito si basa sullo scambio di risorse, informazioni ed esperienze, ma garantisce la totale autonomia operativa delle associazioni aderenti, nel pieno rispetto delle prerogative di ciascuna. Ogni caso viene gestito, anche finanziariamente, dalle associazioni. In alcuni casi più impegnativi si ricorre ad una gestione sinergica tra le associazioni (in alcuni casi anche esterne al network), laddove questa misura sia necessaria e fondamentale per garantire le cure somministrate ai piccoli pazienti”.
Che supporto avete dalle istituzioni pubbliche?
“La credibilità conquistata sul campo permette ad oggi una notevole collaborazione con le Istituzioni. Le Ambasciate ci riservano una corsia preferenziale laddove sia necessario un trasferimento sollecito dei pazienti più gravi, oltre a fornirci collaborazione nell’espletamento delle pratiche più comuni. Il Ministero per gli Affari Esteri ha contribuito finanziariamente alla nascita dell’interfaccia operativa in Kosovo denominata Hub-Kosovo. Le Regioni italiane offrono tutto il supporto a loro disposizione nell’erogazione dei contributi per le spese mediche, nel quadro legislativo previsto per gli aiuti umanitari internazionali, pur con le contingenti difficoltà causate dalla scarsità di fondi stanziati e limitazioni verso certi paesi. Gli Ospedali italiani, tramite i medici referenti del network, offrono tempestive risposte alla richiesta di diagnosi e fattibilità dei ricoveri. Recentemente, all’interno di accordi internazionali, si sono aperte collaborazioni volte ad abbassare il prezzo di alcune tipologie di interventi urgenti.
Non va dimenticato comunque il notevole contributo di privati che vedono in questo nostro modo d’agire comune la possibilità di aiutare fattivamente, e in maniera trasparente e documentata, le popolazioni bisognose”.
Quanti bambini avete aiutato finora?
“L’allestimento del nostro Hub Kosovo, in collaborazione con AVSI, ha fatto sì che, nel momento in cui KFOR CiMiC Health ha lasciato il territorio kosovaro, un gran numero di pazienti si siano rivolti ad esso guidato proprio dalle nostre Forze Armate e dall’Ambasciata d’Italia. Ma oltre a questo, un elevato numero di segnalazioni arriva al network da canali che ciascuna associazione ha attivato negli anni scorsi, quali medici, missionari, associazioni o istituzioni. Dal 2010, anno in cui abbiamo iniziato a documentare le attività svolte, sono stati posti all’attenzione del network più di 550 casi, dei quali più di 400 accettati. Sono quasi 250 i pazienti partiti per l’Italia, per un totale di più di 400 viaggi conteggiando i rientri per controlli per la maggior parte a carico delle associazioni”.
Quanti bambini avete in lista d’attesa?
“Ad oggi la lista d’attesa è superiore ai 140 bambini. Ovviamente l’elenco viene gestito per priorità in base alla gravità della patologia e capita che qualcuno debba attendere più di un anno per l’intervento, se non è a rischio di vita. Il numero è certamente elevato, ma occorre considerare che spesso Guariamoli è solo uno dei canali cui i genitori si rivolgono, e talvolta altre associazioni o Istituzioni intervengono, fortunatamente, prima di noi, ma senza darcene comunicazione. Uno dei compiti più delicati affidato all’Hub in Kosovo è quello di verificare periodicamente lo stato di salute dei pazienti in attesa e a rischio maggiore, talvolta con conseguenze che ben possiamo immaginare”.
Quante domande ricevete mediamente l’anno?
“Nel corso del 2012 abbiamo inserito 162 casi, proseguiti con altre 89 richieste fino a luglio 2013. Finora la punta mensile di nuove richieste si è verificata ad aprile del 2012 con ben 24 segnalazioni”
Qual è il momento della storia di Guariamoli che ti ha emozionato di più?
“Ricordo una frase scritta sul mio diario dopo il caso di un bambino giudicato terminale dai medici curanti in Kosovo, non per loro ignoranza ma per carenza di mezzi!  “Guariamoli è come un piccolo aliante. Lanciato da mani sapienti, se ben realizzato si mette a volare; umile, silenzioso, pulito. Vola per chi lo sta a guardare. Vola per chi, con occhi pieni di speranza, spera che il suo volo non si fermi mai, e ne riceve gioia e senso di libertà. Il suo volo prima o poi terminerà, umile e silenzioso com’era cominciato. Solo la speranza e la voglia di vivere lo faranno aleggiare più a lungo, sopra gli occhi sorridenti e speranzosi di quei bimbi che, un giorno, potranno dire “io c’ero”….e di chi ci ha creduto!”
Ero andato personalmente in Kosovo a prendere Demokrat in Ospedale e imbarcarlo, assieme al CMS Cosenza del CiMiC Health, sul volo per l’Italia dove, ad attenderlo, c’era il dott. Andolina pronto a qualsiasi emergenza. Poche settimane prima era stato il turno “per la vita” di Aferdita: a causa delle sue gravi condizioni, molto simili a quelle di Demokrat con il quale aveva condiviso a lungo la stanzetta nell’Ospedale di Pristina, la piccola non ce la fece a sopravvivere. Il dolore dei familiari e dei volontari di Famiglia Dovuta di Bari rimarranno a lungo nel mio cuore. Ma per Demokrat il destino aveva scelto una soluzione diversa che oggi, a 2 anni di distanza, lo vede felice a casa sua completamente guarito. Ecco, ho vissuto con lui una storia che è durata due anni e che dopo tale periodo è ancora capace di emozionarmi. E che ogni volta mi porta un senso di gratitudine ai medici del Burlo di Trieste che l’hanno curato e alle associazioni, enti regionali, Ambasciata d’Italia e Governo Kosovaro che assieme hanno stanziato, in tempi brevissimi, i fondi necessari e reso possibile il suo viaggio”.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate?
“La difficoltà maggiore che oggi incontriamo è la velocità di reazione ai casi più gravi che necessitano di immediato stanziamento di fondi e di contemporaneo trasferimento in Italia con aereo ambulanza. Se da un lato le Ambasciate riescono a rilasciarci i visti anche in poche ore, grazie talvolta al diretto intervento dell’Ambasciatore, e gli Ospedali italiani si rendono immediatamente disponibili all’intervento, non disponiamo di fondi di emergenza di pronto utilizzo per fornire le necessarie garanzie burocratiche per il rilascio dei visti e per organizzare il volo. Ricordo con amarezza un caso in cui attendevamo una firma fondamentale allo stanziamento dei fondi e avevamo l’aereo pronto in pista per due giorni con le ambulanze predisposte in Italia e all’estero: il paziente è deceduto un’ora prima del benestare al finanziamento, senza il quale non poteva “burocraticamente” arrivare in Italia”.
Chi volesse sostenervi, come può farlo?
“Guariamoli è un ideale condiviso tra varie associazioni italiane e non dispone, per motivi strettamente economici, di ragione sociale o conti correnti propri. Tuttavia le associazioni del Coordinamento si rendono disponibili a proporre e realizzare progetti ponendosi, di volta in volta e in accordo con gli altri partners, quale Capo Progetto e assumendosi la responsabilità economica e gestionale del progetto stesso. Attualmente la KIM ONLUS di Roma si è resa disponibile ad aprire una contabilità ad-hoc per il sostegno del progetto Guariamoli. Chi volesse contribuire può farlo sul conto corrente bancario n. 107373 intestato ad Associazione KIM onlus presso Banca Popolare Etica, IBAN IT52C0501803200000000107373, CODICE BIC/SWIFT CCRTIT2T84A con causale “GUARIAMOLI / IL PROGETTO” Il sito www.guariamoli.org rappresenta poi un’ottima risorsa per verificare quello che il Network Guariamoli progetta e realizza continuamente”.