Annunciano la gravidanza e vengono licenziate. Rientrano dopo la maternità e sono costrette a svolgere mansioni diverse rispetto a prima. Chi tutela le donne che vengono discriminate? La figura della consigliera di parità che anche in provincia di Ravenna è attiva da diverso tempo ma forse non abbastanza conosciuta e utilizzata. Arianna Orrù, la consigliera supplente, domani alle 18,15 in piazza San Francesco, durante l’evento “Il latte della mamma non si scorda mai”, parlerà di diritti. Diritti legati all’allattamento sì ma più in generale alla gravidanza, al post parto e all’essere mamma anche molto dopo la nascita dei propri figli.
Consigliera, dal 2009 siete anche all’interno dei corsi pre-parto, dove tenete un incontro di due ore. Da cosa è nata questa esigenza?
“Spiegare alle donne i loro diritti quando si accingono a diventare madri è uno degli obiettivi del Tavolo lavoro conciliazione e salute della donna istituito tra Provincia, Comune di Ravenna, Ausl, sindacati, Comitato per l’imprenditoria femminile e il nostro ufficio. Si tratta di un tavolo permanente al quale hanno aderito anche i Comuni di Lugo, Faenza e Solarolo e da due anni a questa parte anche la Direzione territoriale del lavoro”.
Ci sono anche i papà, agli incontri?
“Stanno aumentando poco a poco. Ed è un bene, anche se è vero che il congedo obbligatorio per i papà introdotto dalla Fornero è solo un pro-forma: si tratta di un giorno, in sostituzione della madre, entro i primi cinque mesi di vita del bambino”.
Gli uomini stanno entrando nell’ottica che l’accudimento dei figli spetta anche a loro?
“L’evoluzione è lenta, gli uomini fanno ancora fatica. Noi facciamo di tutto per incentivarli”.
Quanti casi di discriminazione state seguendo al momento?
“Cinque, tutti negli ultimi due mesi: sono molti. Collaboriamo anche con consigliere di parità di altre province. Abbiamo seguito una donna con un figlio disabile spostata da Ferrara a Ravenna a lavorare”.
Qual è l’aiuto pratico del vostro ufficio?
“Convochiamo le parti, datore di lavoro e lavoratrice, cercando dapprima una conciliazione. Possiamo, poi, segnalare la discriminazione al giudice. E finire in causa”.
Le donne non hanno paura a segnalare?
“Spesso il problema è che non si conoscono i propri diritti. Noi invitiamo le donne a contattarci, siamo un istituzione pubblica gratuita”.
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