Molti gemelli, molti parti a domicilio. L’Ostetricia dell’ospedale Infermi Rimini si riconosce subito. Perché oltre a rispecchiare alcune tendenze registrabili anche negli altri ospedali (boom di parti in analgesia, calo dei cesarei), snocciola dati peculiari. Li fa emergere il primario Giuseppe Battagliarin.
Dottore, a cosa si devono le vostre anomalie?
“I gemelli, che nel 2011 sono stati sessanta, si devono al fatto che a Cattolica c’è un centro di fecondazione assistita importante. I 50 parti in casa dello scorso anno, invece, possono essere legati al fatto che sul territorio esistono due associazioni che promuovono, realizzano e sostengono il parto a domicilio: Le 9 Lune a San Marino e Nascita e non solo a Rimini”.
Tornando alla vita normale del reparto, invece, quanto è utilizzata l’epidurale?
“Dal gennaio 2009, quando è stata istituita, c’è stato un incremento esponenziale. La possibilità del parto in analgesia continua a richiamare donne anche da Urbino, Fano e Pesaro, dove tra l’altro non c’è la rianimazione neonatale. Sui 3.156 parti dello scorso anno, circa 700 si sono svolti in epidurale”.
Al contempo, quanto sono diminuiti i cesarei?
“In tre anni siamo passati dal 29,6 al 20,5%. Una riduzione importante che abbiamo conseguito riflettendo sui cesarei elettivi, valutando dove davvero ci fosse un’indicazione medica e parlando con le donne che lo sceglievano solo per paura. La richiesta è legittima, ma va discussa. Abbiamo anche una psicologa per questo. In ogni caso, l’offerta dell’analgesia può fugare la paura del dolore”.
Avete messo in atto altre strategie?
“Sì, abbiamo scelto di dividere i percorsi tra fisiologia e patologia. Nel caso di gravidanze a termine di donne senza particolari problemi e con bimbi con un accrescimento nella norma, optiamo per la non medicalizzazione e affidiamo il parto alle ostetriche, che per definizione difendono il parto naturale. Quando possiamo, poi, rivolgiamo i bambini podalici con manovra esterna. E proponiamo a chi ha già subito un cesareo, di partorire naturalmente. Arrivano al travaglio il 50% delle donne già cesarizzate e il 75% di queste partorisce senza”.
Tutta questa mole di lavoro crea un problema di affollamento del reparto?
“Purtroppo sì, cinque o sei volte all’anno capita che i 41 posti letto di ostetricia non bastino e che la situazione si faccia critica. Dimettiamo i cesarei in terza giornata, riduciamo l’induzione del travaglio, valutiamo meglio i ricoveri in caso di patologie della gravidanza e proviamo a risolvere l’emergenza attingendo agli otto posti del day hospital o ai 13 di ginecologia. Non mandiamo mai le pazienti di ostetricia fuori, si creerebbero polemiche. Se una donna ha scelto di partorire qui, non ha senso che noi la mandiamo a Cesena”.
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