“Non parto mai dal presupposto che, quello che desidero, non lo posso realizzare. Al contrario, ci provo sempre”. E così Maximiliano Ulivieri, paladino dei diritti delle persone con disabilità e in particolare del diritto alla sessualità, è diventato ieri papà di Sophie, nata al Maggiore di Bologna con taglio cesareo: “Avremmo potuto tentare le classiche manovre per farla girare, visto che era podalica, ma abbiamo preferito lasciarla stare. Ci sono voluti quasi cinque anni per averla, non ci sembrava il caso di intervenire più di quanto io e mia moglie Enza abbiamo già fatto”.

La foto che lo ritrae insieme a sua figlia e la mascherina calata sul volto è più che simbolica: “In quell’immagine c’è la mia vittoria personale, essere diventato padre, ma anche tutta la vita e la speranza che anche in un periodo come questo, che fa solo rima con Coronavirus, si possono respirare. Certo, non avrei mai pensato di vedere nascere Sophie in un periodo così particolare, così di non potere avere accanto mia madre, che sarebbe dovuta arrivare per Pasqua dalla Toscana, né i miei suoceri, che erano pronti a partire dalla Sicilia. Nonostante queste limitazioni, è un momento davvero magico. Mi è pesato assistere solo alle prime ecografie e poi doverne stare fuori. Ma ecco la mia bambina bellissima”.

Per quanto desideroso di diventare padre, Ulivieri non nega di avere avuto pensieri e ostacoli, in passato: “Prima di tutto c’era la paura di trasmettere a mia figlia la malattia di cui soffro, la sindrome di Charcot-Marie-Tooth di tipo 1, che si eredita nel 50% dei casi. Poi c’erano le preoccupazioni legate alla stabilità economica e lavorativa della nostra famiglia, che poi riguardano un po’ tutti. Senza contare che le gravidanze di mia moglie hanno avuto in più occasioni dei problemi e le tempistiche si sono allungate. Ma come in un film, quando stavamo per arrenderci, ecco Sophie”.

Una femmina, come nei sogni di Ulivieri: “Ho due fratelli, sono cresciuto in una famiglia di maschi, dunque desideravo tanto una bambina. In realtà, all’inizio, io ed Enza il sesso non volevamo saperlo. Ma quando, durante una ecografia, la ginecologa ci ha chiesto se ci interessasse esserne a conoscenza, abbiamo ceduto. A Natale, dai genitori di mia moglie, lo abbiamo annunciato con coriandoli rosa fatti uscire fuori dai palloncini”. Ora le titubanze del neopapà sul carico che la moglie dovrà sobbarcarsi devono per forza di cose venir meno: “Sono sempre stato un po’ combattuto: per una persona nel mio stato c’è il timore di appesantire gli altri, in questo caso Enza. Quando, in ospedale, le è stato insegnato a vestire e svestire Sophie, lei si è dimostrata già rodata. In questi dodici anni di matrimonio si è allenata con me. Per fortuna è una donna caterpillar, con una tempra incredibile”. 

In ospedale, ieri mattina, qualche problemino per la donna c’è stato: “Aveva fatto il tampone martedì ma ci hanno detto, quando si è presentata al Maggiore, che era stato perso. Così l’ha dovuto rifare e il cesareo è stato posticipato di qualche ora. Per fortuna, dopo l’intervento accanto a lei c’è stata Alice, una nostra amica e vicina di casa che lavora come ostetrica al Sant’Orsola. Poi sono arrivato io”.