“Ormai non mi arrabbio nemmeno più, anche se ho l’amaro in bocca e penso che siamo, davvero, ancora nel Medioevo”. Alessandra Ghirardelli, ravennate, ex giocatrice di calcio di serie A e oggi responsabile del settore giovanile del Ravenna Women F.C., commenta così l’episodio accaduto davanti alla scuola primaria Gulli di Faenza, dove a una bambina è stato negato l’album delle figurine Panini perché femmina. A escluderla rispetto ai compagni maschi, un’addetta alla distribuzione gratuita del famoso album.

Alessandra Ghirdardelli

“Il problema – spiega l’allenatrice – è degli adulti. Io sono abituata a vedere giocare le mie bambine contro i maschi e mai ho sentito commenti negativi. Lo sport azzera le differenze e mette tutti sullo stesso piano. Sono i grandi ad avere ancora pregiudizi: si sentono sulle tribune e si vedono anche in alcune società, che non prendono le bambine a giocare con i bambini perché non sanno come gestirle, a partire dagli spogliatoi che mancano. Eppure, ora che sto frequentando un nuovo corso di formazione, mi sto accorgendo che la Federazione sta investendo molto sulla parte femminile: i moduli ad hoc non sono stati organizzati perché alle donne il calcio si insegna diversamente ma per diffondere una cultura il più possibile paritaria anche tra allenatori e dirigenti”.

Ma dei muri che ancora esistono nella società Ghirardelli si rende conto anche nel rapporto con le scuole del territorio: “Dall’anno scorso stiamo portando avanti un progetto per fa conoscere agli alunni e alle alunne il calcio femminile. Gli insegnanti ci stanno aprendo le porte, per carità. Ma il problema è strutturale: le palestre sono piccole o mancano, i campi di calcio di cui alcune scuole dispongono in cortile hanno l’erba alta e incolta. Non è colpa delle scuole ma di una cultura e di una mentalità che non riescono a fare passi in avanti. La speranza sta nelle giovani generazioni, nei bambini che vedono come normale il fatto di giocare insieme o contro le bambine, che hanno visto i Mondiali di calcio femminile in tv lo scorso anno”.

In ogni caso, per l’allenatrice l’Italia è molti passi indietro rispetto all’Europa: “A Lugo giocavo con una ragazza olandese che mi raccontava come, da bambina, facesse calcio nelle ore di scuola e poi andasse anche ad allenamento. Lo sport, qui, è visto molto diversamente. Io, per fortuna, non ho mai subito discriminazioni, anche se credo di essere stata semplicemente fortunata. A guardare il caso di Faenza, viene da pensare che per alcuni una bambina non solo non possa giocare a calcio ma debba anche evitare di farselo piacere. Anche io collezionavo le figurine, a sei anni. Eppure facevo atletica”.