Il piccolo ha 21 mesi ed è affetto da una malattia neurologica degenerativa e fortemente invalidante. Non vi sono rimedi, il suo destino è segnato: morirà presto, la medicina è impotente contro una patologia che è solo relativamente conosciuta. La sua unica speranza, sostengono i genitori, è un trattamento all’ospedale Bambino Gesù di Roma. I medici dell’ospedale pediatrico di Liverpool dove Alfie Evans è ricoverato invece la pensano diversamente: tenerlo in vita sarebbe solo accanimento terapeutico e “inumano”. L’Alta corte britannica ha dato ragione ai dottori accogliendo la tesi della scienza: per Alfie non c’è più niente da fare, ora ha solo bisogno di “quiete e pace”, scrivono i giudici. Per questo, con un gesto che ricorda molto la storia del piccolo Charlie Gard, ha autorizzato i medici a staccare la spina che tiene ancora in vita Alfie.
I genitori, Tom Evans e Kate James, entrambi ventenni, tuttavia non si rassegnano e stanno pensando di fare appello contro la sentenza. Quindi, come successo precedentemente con Charlie, si preannuncia un’altra aspra battaglia legale e mediatica. In quel caso le polemiche si sprecarono con le associazioni pro-vita che accusarono i medici e gli scienziati di essere dei killer senza umanità anche se proprio uno dei camici bianchi fece pubblicamente sapere dopo la morte del piccolo: “Come tutte le persone dell’unità medica, ho amato da morire questo bambino. Ma siamo arrivati a un punto dove non c’era più nulla da fare”. Poi, un interrogativo che dovrebbe far riflettere chi spara sentenze gratuite: “Avete mai incontrato davvero un medico o un infermiere che voglia far morire un bambino?”.
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