Emma Rose ha un anno, è nata a Miami Beach ed ora è a Ravenna, dove la mamma Paola Liverani, faentina, insegna inglese alla scuola statale: “Il cruccio di fare diventare mia figlia bilingue l’ho avuto subito. E mi sono attivata. Nei miei anni di insegnamento ho visto troppi bambini e ragazzi con una conoscenza superficiale della lingua inglese. Il problema è soprattutto nello speaking. Bisogna avviarli ad un approccio bilingue prima possibile. Lo speaking perfettamente bilingue si acquisisce nei primi tre anni di vita, dopo sarà sempre possibile ma con una certa fatica in più. La scuola italiana non ha sempre i mezzi per appassionare e preparare studenti di ogni età alla lingua inglese in modo specifico”.
Paola, che parla correttamente Inglese ed ha fondato a Miami il “Fun and Fitness Language Center”, crede molto nell’approccio precoce e nel learning by doing, un tipo di metodo pratico ed esperienziale alle lingue straniere. “A Miami non insegniamo in una Language School come tutto il mondo fa. Abbiamo creato un Language practice center utilizzando il Tpr Total physical response che parte dalle passioni degli studenti di ogni età, da quello che amano fare, per coinvolgerli in varie attività in lingua. Ti piace ballare? Le prime parole che imparerai saranno inerenti alla danza, anzi le imparerai ballando. Anche nella scuola istituzionale, qui in Italia, ho sempre cercato di utilizzare il Tpr. Peccato che buona parte dei genitori sia legata a metodologie superate e che il loro obiettivo sia vedere i figli seduti con il libro di testo sul banco. Con questa metodologia innovativa, efficace e divertente, anche gli studenti di ogni età con difficoltà – come i Dsa e gli Adhd – possono trarre soddisfazione personale nell’apprendimento pratico di una lingua straniera”.
É per diffondere l’approccio secondo lei più utile che Paola ha organizzato, sotto l’egida dell’associazione “Amici dell’Europa” di Faenza, a sua volte emanazione dell’Irsef, che come ente formativo è accreditato dal Miur (il Ministero dell’istruzione), dei gruppi di bambini a domicilio: “Si va da un minimo di uno a un massimo di tre bambini, vicini per background ed età, che a casa di uno di loro possono sviluppare lo speaking e il vocabulary con Anna, la Nanny madrelingua americana che vive sempre con noi. Per i più piccoli, da zero a due anni, si lavora prevalentemente su nursery rhymes, baby fitness e attività logico deduttive. Per i più grandi, via libera ad esperienze pratiche, listening, speaking and comprehension che vanno dai biscotti di Halloween ai drama workshops e ai giochi da tavolo”. Una proposta valida anche per gli adulti, che possono fare lezioni teorico-pratiche su come utilizzare lo stesso metodo a casa con i loro loro figli.
Perché avere un figlio bilingue, secondo Paola, è possibile: “A volte noi genitori ci impigriamo, non cerchiamo le risorse a disposizione, non ci mettiamo in gioco con quello che sappiamo fare. Certo, c’è sempre anche una questione economica. Avere una Nanny in casa, per esempio, costa. Senza contare che ho trovato quella giusta dopo 22 colloqui. Ma credo che a volte ci si ritenga perdenti in partenza. L’Inglese è fondamentale”.
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