Silvia Avallone (al centro) al festival Scrittura di Ravenna

Dell’infelicità delle famiglie, l’imperfezione dei genitori e le ferite che tutti ci portiamo dietro dall’infanzia, la scrittrice Silvia Avallone è abituata a parlare fin dai tempi di “Acciaio”. Ma ora che la maternità è entrata a gamba tesa nella sua vita privata – con la nascita della figlia Nilde, un anno e mezzo – e anche nel suo ultimo libro “Da dove la vita è perfetta” (Rizzoli), certi temi può affrontarli da un punto di vista nuovo e diretto. “Da tempo – ha spiegato sabato a Scrittura Festival, a Ravenna – ero alla ricerca di una storia intorno alla grande domanda su cosa significhi essere o non essere genitore, voler diventare o non volere diventare mamma e papà. L’arrivo di mia figlia mi ha senz’altro caricata dell’energia giusta per scrivere questo libro. Stavo al computer con lei addosso, avvolta nella fascia, per avere le mani libere. Scoprendo come la maternità non sia quel grande sogno che ci fanno credere, quel regno della perfezione che ci raccontano. La emme di mamma è una emme minuscola, per tutte, perché nessuna di noi è perfetta“.

Calata come sempre nel contesto sociale e politico attuale, Avallone – che vive a Bologna – ha parlato anche di come la maternità sia poco valorizzata nel mondo del lavoro: “In un Paese in cui il congedo di paternità dura due giorni, che è il tempo di andare a trovare la propria compagna e il proprio figlio e di riaccompagnarli a casa, e in cui le donne trovano mille ostacoli, davanti a sé, quando tornano dopo la gravidanza e il parto, dobbiamo essere consapevoli che un problema di genere c’è e non va sottovalutato. Per essere mamme, mogli, lavoratrici, amiche e tutto quello che la loro complessità significa, le donne faticano moltissimo. L’importante è non incasellarle mai in un solo ruolo, come mi hanno insegnato a livello letterario Elsa Morante ed Elena Ferrante”.

Da mamma e da scrittrice che tende sempre, nelle proprie opere, a un riscatto dei suoi personaggi in vista di una vita migliore e di una felicità come meta mai raggiunta ma da raggiungere, Silvia Avallone ha parlato anche del futuro, sopratutto agli occhi degli adolescenti: “Un’età di mezzo che adoro raccontare e alla quale ho parecchio tempo per prepararmi, visto che mia figlia è piccolissima. Ai giovani dico di scontrarsi con i propri genitori, di cercare la propria strada, di proiettarsi sempre in avanti e non temere il sacrificio. Il presente è il tempo della sopravvivenza. Quando avevo la mia bambina addosso, i primi mesi, la percepivo come una bomba di energia che mi chiedeva di credere in qualcosa. Agli adolescenti dico: trovate un motivo per lottare e girate i telefonini dall’altra parte, non verso voi stessi: perché il mondo che vi aspetta è fuori”.