Claudia De Lillo in arte Elasti
Claudia De Lillo in arte Elasti

Baciare tutti sulle guance, soprattutto se sono degli estranei. Infilare in modo compulsivo le canottiere dei figli sotto i pantaloni o le mutande, perché sennò si prendono la gastroenterite, la tosse e chissà cos’altro. Non esonerare i figli da religione, anche se si è atei, perché si è sempre fatto così. Sono solo alcune manie degli italiani descritte da Claudia De Lillo, in arte Elasti, la giornalista e blogger di Repubblica che venerdì 3 marzo alle 18,30, al Caffè Letterario di Ravenna (via Diaz 26), presenterà il libro “Alla pari” (Einaudi) nell’ambito della rassegna “Quattro chiacchiere al Caffè letterario” curata dal settimanale SettesereQui. Libro nel quale la famiglia italiana, in questo caso quella dei milanesi Ranieri, è descritta dal punto di vista di Alice, una giovane ragazza alla pari americana che piomba in casa a gestire il delirio della conciliazione famiglia-lavoro e di tre figli.
Claudia, lei ha mai avuto per casa ragazze alla pari?
“Da circa cinque anni sì. Anche adesso ne abbiamo una. Le reclutiamo negli Stati Uniti, direttamente sul posto, quando d’estate ci trasferiamo. Cosa che, inizialmente, facevamo per seguire mio marito che lavorava là. Allora facevo la giornalista finanziaria, iniziavo alle sette. E avevo bisogno di qualcuno che non solo mi andasse a prendere i bambini da scuola ma che li svegliasse pure, la mattina: è stata, di fatto, una necessità, dettata anche da motivi economici. E anche ora che lavoro in radio e mi alzo alle quattro e venti, mentre mio marito lavora a Londra, il bisogno c’è. E visto che fa bene anche all’inglese di tutti, stiamo continuando”.
Sono sempre state esperienze felici?
“Direi di sì, anche se non sempre si ha la fortuna di trovare persone davvero motivate con cui fare esperienze di scambio. L’Italia attira in genere molto, alcune ragazze alla pari vengono pensando di farsi una vacanza. Capisco che la mia famiglia possa non essere il centro della curiosità e dell’interesse di una giovane donna ma un minimo di interesse, alla base, ci dev’essere”.
Difficile entrare in relazione?
“Più che altro, noi donne tendiamo a diventare le loro mamme. La prima volta che non tornano alla solita ora ci immaginiamo scenari apocalittici nei quali le dobbiamo recuperare sul ciglio della strada, in piena notte. Noi mamme dobbiamo darci una calmata, resistendo alla tentazione di controllarle e preoccuparci troppo. Certo, il randagismo sessuale della propria ragazza alla pari non è da augurare. Ma non bisogna perdere di vista il fatto che sono persone adulte, libere, emancipate”.
Com’è stato descrivere le dinamiche di una famiglia immedesimandosi in un personaggio terzo?
“Divertente. Sono abituata a una scrittura autobiografica ma mi interessava spostare lo sguardo dal mio ombelico, calandomi in un personaggio che, anche per motivi anagrafici, per me ha un grande fascino: la ragazza alla pari è in quell’età di mezzo nella quale conserva il fascino dell’infanzia e ha un po’ di saggezza dell’età adulta. Una contraddizione irresistibile”.

Claudia De Lillo in arte Elasti
Claudia De Lillo in arte Elasti

Vittoria, la mamma protagonista del libro, è una donna in carriera, inflessibile e algida. La conciliazione, leitmotiv dei suoi articoli, che cos’è per lei?
“Vittoria ha un lavoro importante e impegnativo e delega tutto ad Alice, un’estranea. È una donna con un senso di onnipotenza pazzesco, che crede di poter riuscire a controllare tutto, a incasellare ogni cosa nelle regole, senza mai chiamare in causa il buon senso. Rappresenta il cortocircuito di noi mamme. E credo che in ognuna di noi ci sia un po’ di lei. Quando la nostra Vittoria interiore sta per prendere il sopravvento, dovremmo avere una pallottola d’argento nel cassetto, da spararci in testa”.
Ed Emilio, il papà?
“Emilio è l’emblema del fallimento del padre contemporaneo, a parole attento e presente ma nei fatti incapace di assumersi le proprie responsabilità. Un uomo molto fumo e niente arrosto”.
Una famiglia tipica, la loro?
“Forse atipica. Ma con alcuni elementi di policentrismo e distruzione che riguardano un po’ tutte le famiglie, che sono disfunzionali e imperfette per definizione. Quell’illusione che hanno i genitori di poter dirigere un’orchestra e di creare una comunità viene puntualmente disattesa dal fatto che i membri sono tanti monadi, ognuno con le sue peculiarità”.
Adolescenza compresa, si direbbe. Emma, che la vive in pieno, è ispirata a qualcuno dei suoi tre figli?
“Un po’ al più grande, che ha quasi 14 anni e molte spigoli come quelli di Emma. Poi, per carità, certi momenti di luce, rarissimi, mi ripagano da ogni fatica e delusione. Con gli adolescenti non devi mai fare domande. Se non quando loro le vogliono. Ma il problema è che non lo sai, quando le vogliono. Così vai a caso. E, puntualmente, non ci becchi”.
Questo problema di incomprensione reciproca non lo si ha, a volte, con le stesse ragazze alla pari?
“La convivenza è sempre un’esperienza intesa ed estrema, non solo per chi accoglie, ma anche e soprattutto per chi arriva. Alice, che viene da un dolore, è però per questo motivo, e anche per la giovane età, plasmabile e recettiva. E nel confronto con la famiglia che la ospita, ne esce rivalutata ai propri occhi”.
E i vizi all’italiana, come li vede?
“La frequentazione con le ragazze alla pari è stata fondamentale per identificare alcune stranezze di cui non ci rendiamo conto. Noi italiani siamo così intrisi di cultura americana, soprattutto grazie al cinema, che quando andiamo negli Stati Uniti abbiamo l’impressione che quello che ci si prospetta davanti sia familiare. Non è vero il contrario. L’Italia è vista con il filtro di parecchi stereotipi, sia negativi che positivi. E certi comportamenti, per chi è americano, posso sembrare scioccanti. Quando l’attuale nostra ragazza alla pari mangia la frutta, io le piazzo costantemente il piatto sotto. Fosse per lei, sbuccerebbe l’arancia direttamente sulla tovaglia. Qualche giorno fa mi ha chiesto se per caso la stessi considerando poco avvezza alla pulizia”.