bambino solo, violenza, disperazione“Fin da quando sono bambina, mi chiedo chi sia mia madre. La ricerca mi sta accompagnando anche adesso. Di lei so solo che rimase incinta a tredici anni, che mi partorì a quattordici. Difficile pensare che qualcuno non l’abbia costretta, a quell’età, a non tenermi. Vorrei solo, se è ancora viva, che le venisse chiesto se mi vuole vedere. Se è morta, vorrei sapere dov’è la sua lapide”. Sono le parole che, lo scorso maggio, ci ha detto Anna Agostiniani, abbandonata alla nascita e poi abusata a più riprese nella sua famigia adottiva.

Ora, per chi vive una condizione come la sua, arriva una novità. La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità del diritto di un figlio maggiorenne, nato da una donna che al momento del parto non lo ha riconosciuto e ha voluto rimanere anonima, a tentare di conoscere le sue origini.

Funzionerà, di fatto così: la donna verrà interpellata dal giudice e dovrà dire se vuole ancora rimanere nell’anonimato o farsi conoscere.

Secondo la sentenza, nonostante “il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa”, esiste “la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione”.