L’ambulatorio di Andrea Satta, alla periferia di Roma, è una casetta con le persiane piena di vasche di giocattoli e scaffali di libri (che se li porti a casa è meglio), con le pareti e le porte colorate, con una sala d’aspetto gigante. A prendere gli appuntamenti è la segretaria, ovvero sua sorella. Il pediatra, musicista dei Têtes de Bois e padre di due figli di 14 e 6 anni (Lao e Gea), paga l’affitto di tasca sua per accogliere le famiglie come secondo lui si deve e non dietro una scrivania invasa di scatolette di farmaci: “Ma tengo e precisare che sono un medico dell’Asl, non mi piace fare la parte del dottore alternativo al quale si rivolgono i genitori dei salotti buoni“.
La sua band sarà domani al Cinema Gulliver di Alfonsine (piazza Resistenza, dalle 17) per una delle tappe dello spettacolo “Mamme narranti”, che nasce da un’esperienza che Satta, una volta al mese, fa in ambulatorio, quando le mamme vanno a raccontare le storie con cui si addormentavano da piccole: “Un momento di un’intimità pazzesca dove italiane e straniere restituiscono un pezzo di storia personale, facendo anche un’opera di memoria e ricerca di se stesse. Vengono fuori aneddoti su come giocavano, cosa preparavano da mangiare i loro genitori a Natale, in quanti dormivano in una stanza. Racconti intrisi di dignità umana, lontani dall’idea di piangersi addosso o stimolare atteggiamenti di pietismo in chi ascolta”.
Un lavoro, quello della narrazione, che ha molto a che vedere con il mestiere del pediatra: “Tante volte, per esempio, si parla di genitori stranieri mettendoli tutti in un’unica categoria. Senza pensare che lo svezzamento di un bambino arabo non è uguale a quello di un bambino rumeno. Che un papà macedone non vive la malattia e la salute con lo stesso atteggiamento con cui li percepisce un papà senegalese. Che il sorriso di certi sudamericani non assomiglia a quello che vedo negli ucraini. Per me, che devo dare risposte alle famiglie, sono chiavi di lettura importantissime: ascoltare e osservare le diverse abitudini mi serve a cambiare sguardo ogni volta”.
Domani, come capita ogni volta che lo spettacolo è in tournée, le mamme saranno reclutate localmente (questa volta ci ha pensato l’Arci di Ravenna a trovarle) così come gli artisti del posto (sul palco Laura Redaelli del Teatro delle Albe): “Questo continuo cambiare garantisce allo spettacolo colpi d’ala ogni volta diversi, una destrutturazione tra pubblico e artista sempre nuova e un rispetto dell’intimità della favola, che per definizione, sul palco, fatica a starci. E che, messa nelle mani di persone che cambiano, diventa un sussurro”. Nelle tappe precedenti si sono alternati, tra gli altri, Sergio Staino, Daniele Silvestri e Ascanio Celestini.

Per il resto, stesso spirito di sempre: “Solo la pediatria, come specializzazione medica, avrei potuto scegliere. I bambini sono geni, il lampo dell’artista è in realtà quello del bambino che sei stato o ti sei perso. E io sono artista mentre faccio il pediatra, così come sono pediatra mentre faccio l’artista. Le correlazioni tra questi due mestieri sono molte di più di quelle che uno potrebbe pensare”. E con quasi mille bambini utenti, gli input sono continui e molteplici. Così come i cambiamenti nel modo di essere genitori: “Negli ultimi quindici anni ho visto le mamme romene trasformarsi: quando arrivavano, all’inizio, mi sembravano portatrici di una sorta di antica saggezza contadina che dava loro fiducia e positività sulle questioni della salute. Oggi hanno sorpassato da destra le mamme italiane quanto ad ansia e apprensione, senza avere avuto il tempo di metabolizzare questa trasformazione. Anche se non sono il medico delle slide e delle tabelle, dei grafici e delle percentuali, noto anche le conseguenze dell’utilizzo di Internet, straordinario strumento, per quel che riguarda la salute dei bambini. Spesso i genitori arrivano già con la diagnosi per le mani, incapaci di decodificare le informazioni che hanno trovato. Su web un mal di testa può essere sintomo del fatto che hai preso una pallonata, che ti ha lasciato la fidanzata, che hai un tumore: purtroppo chi legge sceglie anche a cosa credere. Con risultati devastanti”.
Come si sopperisce? “L’unica soluzione, che è poi la soluzione a ogni problema, è la relazione umana. Io cerco di instaurare un clima di fiducia e amicizia, un rapporto positivo e costruttivo. Che ha risultati anche in altri termini: la mamma, se ha bisogno la domenica, ti chiama solo se c’è davvero un problema. Certo, rimane una piccola parte di genitori che ti chiamano sempre e comunque. E allora? Io rispondo, che sarà mai”.
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