Ho sempre pensato che il ciuccio sia una grande invenzione, una delle più importanti mai fatte. Quando parlo con le mamme di bambini che odiano il ciuccio, provo un’irrimediabile pena. Ma come fanno a calmarli? Come li addormentano? Come li mettono a tacere? Mistero.
Ieri ho rispolverato a tinte tragiche la mia storica convinzione. Durante il tragitto in bicicletta nido-casa, il ciuccio è sparito. La consapevolezza è arrivata soltanto davanti alla porta del garage. L’orario era di quelli scomodissimi, in cui le farmacie sono chiuse e lo saranno ancora per un paio d’ore, come minimo. Mi sono maledetta per non aver mai comprato una copia identica del ciuccio del “cece”, come si fa con le chiavi di casa o della macchina. Ho chiuso gli occhi e ho sognato di fare “copia-incolla”, come sulla tastiera. Poi ho ripreso coscienza, ho mantenuto la calma e mi sono detta che ce l’avrei fatta lo stesso a metterlo a letto: del resto è così stanco, quando torna dal nido.
Mai pensata cosa più sbagliata. Appena l’ho messo giù, è partita la protesta. Lui ha iniziato a girarsi, a rotolare, a sbattere gambe e braccia, a gridare. Ho provato a dargli un ciuccio di scorta: si è arrabbiato ancora di più. Ho tentato con le mie dita: niente da fare. Presa dallo sconforto, gli ho proposto la tettarella del biberon: è diventato una bestia. Nel frattempo eravamo entrambi madidi di sudore, agitati come non mai. Ed era passata mezzora.
Allora l’ho vestito, l’ho caricato sulla bici e sfrecciando, siamo arrivati al supermercato più vicino, che ha la farmacia interna. L’addetta deve aver colto la tragedia nella mia faccia quando sono arrivata al bancone incalzando, con in braccio un bambino imbestialito.
“Per favore, mi dica che avete il ciuccio della marca X”.
“No, mi dispiace”.
Volevo piangere. La farmacista mi ha mostrato altre mille marche di ciucci, tra le quali ho cercato quello che più assomigliasse al nostro. L’ho preso, l’ho pagato, ho chiesto che mi aprissero la confezione e sorridendo – grottescamente – l’ho messo in bocca al nano. Lui ha ricominciato a sputare, visibilmente alterato. Sulla bici ha ripreso a piangere, strappandosi addirittura la nuovissima catenella porta-ciuccio dalla maglietta.
Quando siamo entrati in casa, presa dalla disperazione, ho immerso il ciuccio nel vaso dello sciroppo di riso, che è più dolce del miele. Lui ha iniziato ad apprezzare e si è addormentato in due minuti, filando dritto per due ore e mezza. Quando si è svegliato, le farmacie avevano riaperto: siamo andati a comprare la copia del ciuccio vero, quello suo.
Niente, non lo voleva più. Non l’ha voluto nemmeno stanotte. E neanche stamattina. Che associ il ciuccio nuovo al sapore dolcissimo di ieri? Forse. Fatto sta che vi consiglio, dal profondo del cuore, di tenere sempre in casa un barattolo di sciroppo di riso.
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Commenti:
Allora, siamo al secondo figlio. Il primo senza ciuccio, qualche volta per calmarlo serviva la musica. Cantavo o un video con la musica per calmarlo. Mai sentita la mancanza di altro, e lui non ha mai ciucciato il pollice.
La seconda figlia adesso, ha preso il ciuccetto, caldamente consigliato da tutti. Senza non dorme quasi mai. Se si addormenta col ciuccio, c’è il rischio che le cada di bocca. Le mettiamo panni piegati davanti, ma il rischio è in agguato. Se le cade si arrabbia, rimettendole il ciuccio si arrabbia di più. La speranza è che le cada di bocca quando dorme da molto e così non lo cerca. Dorme al massimo 20 minuti il più delle volte.
Si addormenta talvolta anhe con le mie ninne nanne ma poi si sveglia cercando il fastidioso (per noi) oggetto. Ha le labbra sempre bianche.
Maledetto ciuccio, se dovessimo riavere un figlio, mai più. È una droga che causa ai bimbi più rabbia di quanto li calmi. Almeno alla mia.
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