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Martina Fuga con la secondogenita Emma

A forza di vedere la mamma in giro per l’Italia a presentare il libro che parla di lei, Emma si sente quasi una star, famosa come Violetta. Ed è l’aspetto che a Martina Fuga piace meno. Perché prima di convincersi che scrivere della sindrome di Down della figlia – oggi dieci anni – sarebbe stato utile tanto e lei quanto agli altri genitori, ci ha messo un po’. Per “fissare i pensieri e districare i nodi nello stomaco” c’erano già il suo blog Imprevisti e la pagina Facebook Emma’s friends. Ma da lì a pubblicare un libro – “Lo zaino di Emma”, uscito per Mondadori nell’ottobre scorso – ce ne passa: “All’inizio, quando l’editore me l’ha proposto, mi pareva un’operazione senza senso. Temevo di sembrare un’esibizionista, di apparire come una come mette in piazza la propria personalissima storia”. Invece no. Martina lo ha capito strada facendo. E ne avrà forse ulteriore conferma questa sera alle 20.30 al salone Estense della Rocca di Lugo e domani mattina alla scuola secondaria di primo grado “Francesco Baracca”. Martina, che vive a Milano con la famiglia, ha altri due figli: Giulia di tredici anni e Cesare di nove. Sposata con l’ex portiere dell’Inter Paolo Orlandoni, è attivissima nel mondo artistico e culturale.
Martina, qual è stato, alla fine, il valore aggiunto del libro al di là che le sia servito come diario personale?
“La paura di parlare a una nicchia di persone è svanita subito dopo la pubblicazione. Ho scoperto con piacere la trasversalità del mio racconto, il fatto che molti genitori si sono riconosciuti nella nostra storia ben oltre la sindrome di Down. Ci ha figli con una disabilità si è rivisto. Ma è successo anche a chi non vive questo problema”.
Il “problema” è lo zaino?
“Lo zaino è la metafora che ho usato con i fratelli di Emma quando mi hanno chiesto che cosa avesse la sorella. Per colpa del suo zaino, ho spiegato loro, per Emma è difficile fare alcune cose. Ma lo zaino non è sempre pesante. A volte si alleggerisce, dipende dalle attività e dalle sfide che mia figlia ha davanti. Una metafora che mi torna sempre utile, per esempio quando mi trovo a raccontare della sindrome di Down ad altri bambini”.
copertina_bassaCome la definirebbe, Emma?
“Una ragazzina meravigliosa, solare e felice. Non uso mai la parola ‘bambina’: spesso le persone Down vengono viste come eternamente piccole e giovani. Non è così: Emma ha una determinazione sconfinata, è molto volitiva. La mia paura più grande era che non potesse pensare, che non sapesse esprimere i suoi sentimenti e i suoi desideri. Questo, per fortuna, non è successo”.
Sapevate prima del parto che Emma sarebbe nata con la sindrome di Down?
“No, non lo avevamo voluto sapere. Senza ipocrisie dico che non si pensa mai che possa succedere proprio a te. Ma così è stato: una sorpresa che abbiamo gestito con la stessa consapevolezza che avevamo avuto nel scegliere di non sapere”.
Quanti pregiudizi ci sono verso le persone Down?
“Purtroppo si guarda alla sindrome e non a chi che c’è dietro. La gente pensa si tratti di malati. Io dico sempre che è una condizione genetica che ti complica la vita, non una patologia. Il linguaggio è importante, condiziona la percezione delle persone. Tante volte tocco con mano l’imbarazzo e i commenti di chi incontro: non c’è un intento discriminatorio, ci mancherebbe. Ma spesso non si sa come reagire, cosa dire, come riempire i silenzi”.
In questo senso il suo libro compie un’operazione culturale?
“Senz’altro, perché fa cultura della diversità. La gente deve sapere che è normale avere intorno persone disabili, provenienti da terre straniere, che hanno relazioni con persone dello stesso sesso”.
Emma è consapevole di essere la protagonista di un libro?
“Non lo ha ancora verbalizzato ma si sente orgogliosa, anche se nega di avere lo zaino, come ha detto qualche sera fa a sua sorella durante una presentazione. Il suo percorso di consapevolezza sulla sindrome di Down non è ancora concluso. I suoi limiti e le sue difficoltà, d’altro canto, li conosce eccome”.

Martina ed Emma qualche anno fa
Martina ed Emma qualche anno fa

Che rapporto ha Emma con Giulia e Cesare?
“Meraviglioso ma diverso a seconda dei casi. Emma è nata quando Giulia c’era già: qualcosa, a Giulia, sicuramente è stato tolto. Cesare è arrivato quando Emma aveva un anno. Per lui è normale che la sorella sia Down. Giulia con Emma è protettiva, attenta, un po’ una personal trainer. Cesare non le ha mai risparmiato nulla. Ed è cresciuto come se fosse il suo gemello. Per lei, una vera palestra di vita. Da qualche mese hanno smesso di litigare ed è stupendo vederli tutti e tre insieme, complici come non mai”.
Come se lo immagina, il futuro dei suoi figli?
“Radioso. Non farò mai nulla per sovraccaricare Giulia e Cesare della responsabilità della sorella. Allo stesso tempo non potrò impedire loro di sentirsi coinvolti. Quanto a Emma, il mio sogno è che studi, trovi un lavoro e vada a vivere da sola come alcune persone Down riescono a fare. Ma se mi dirà che vuole stare con me tutta la vita, per me andrà bene comunque. Io voglio solo che viva al massimo delle sue potenzialità”.

Questa sera e domani saranno presenti la dirigente scolastica Daniela Geminiani e Qamil Benedetti, Luigi Fantinelli e Carolina Raspanti, per testimoniare la loro esperienza. Al Salone Estense i saluti di apertura saranno affidati all’assessore alla Scuola Silvia Golfera. Non mancherà il ristoro: al Salone Estense ci sarà un buffet offerto dalla Bottega della Loggetta di Faenza, mentre alla scuola “F. Baracca”, merenda per tutti offerta dalla bottega etica Cento Mani di Lugo. L’iniziativa è organizzata dall’istituto comprensivo Lugo 1, con il patrocinio del Comune di Lugo.

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