“I Down sono le persone disabili per ‘eccellenza’ perché la loro sindrome ce l’hanno scritta in faccia”. A parlare è Antonella Falugiani, presidente di Trisomia 21, un’associazione di Firenze che ha come scopo primario favorire il migliore sviluppo possibile delle persone con Sindrome di Down. I ragazzi che fanno parte del gruppo di teatro “Teatrallegria” sono stati invitati a presentare il loro spettacolo “Niente paura… è solo un cromosoma in più. Vieni a conoscermi” all’Almagià (via dell’ Almagià, 2 Ravenna) il prossimo venerdì 11 aprile alle ore 20 45.
“Il teatro offre ai nostri ragazzi l’opportunità di esprimersi attraverso il mimo, il movimento e l’espressione scenica e di donare a chi li guarda la possibilità di vivere una forte emozione. Di spettacoli ne abbiamo organizzati tanti e si tratta sempre di rappresentazioni teatrali a tutti gli effetti”. Lo spettacolo della compagnia è infatti un’occasione importante per questi ragazzi per parlare di sé attraverso una forma di comunicazione alternativa ma rappresenta anche un modo per tentare di abbattere gli stereotipi e i preconcetti che questa forma di disabilità da sempre si porta dietro.
“Spesso il Down viene vissuto come l’eterno bambino – spiega Antonella Falugiani – come se a lui non dovesse capitare di crescere, solo perché ha un cromosoma in più. Ma non è così, perché se seguito in maniera adeguata e accompagnato nel loro percorso di sviluppo raggiunge gli stessi obiettivi delle altre persone”. L’autonomia nel muoversi, trovare un lavoro, andare a vivere da soli, instaurare una relazione di coppia sono traguardi che le persone Down possono raggiungere se vengono messi nelle condizioni adatte.
“A sopperire alle conseguenze della crisi economica che stiamo vivendo che spinge l’amministrazione pubblica a ridurre i servizi che dovrebbero essere garantiti a queste persone, ci siamo noi e tante associazioni simili alla nostra. Ma le difficoltà che i Down incontrano non sono solo economiche”.
Spesso la società non sta al passo con i tempi, con i tempi di crescita delle persone Down che molto spesso non vengono accettate e definite diverse a causa di alcuni tratti somatici. “Se vedere una persona Down dietro a un bancone di un bar che prepara un caffè crea della sorpresa in chi non conosce le abilità e le risorse di cui dispone, vuol dire che a livello culturale c’è ancora molto da fare. E’ da qui, secondo me, che dobbiamo partire”.
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